In pandemia meglio guardare in alto e ricordare. Il cielo è ancora lo stesso, ma sembra suggerirci nuovi spunti. Nei giorni di marzo sembra più pulito del solito e pieno di simboli luminosi. Nuda canta la notte sopra i ponti di marzo, ci suggerisce ancora Federico Garcia Lorca.

Ricordo il nonno che diceva: Marzo tinge e aprile dipinge!. E parlava proprio del tetto di stelle che ci piombavano addosso nella grande terrazza del colle di Camporegio. Ci bastavano tre punti, anche lontani, per suscitare il desiderio di unirli con una linea, ed ecco apparire per magia le costellazioni. Una linea, a pensarci bene, inconcepibile. Ma noi abbiamo la capacità di immaginarci linesistente.

Se conosco un po' il cielo lo devo proprio al nonno Armando.

Sulla loggia di via del Paradiso sorgevano lentamente le prime stelle, ad una ad una sbocciavano nel cielo terso. Siena respirava ai nostri piedi, un respiro di cavallo addormentato, calmo e profondo.

"Ecco Orione!" mi diceva ad un tratto a voce bassa. Tornava infatti Orione alle cacce lungo il mare e nelle selve fra i monti, con l'arco sulle spalle, dietro il Cane che fiutava guardingo fra le ginestre. Il tacito fiume della notte mi rapiva verso l'oscuro orizzonte senese.

Conoscevamo, le stelle per nome una ad una. Le stelle dai nomi magici: Altair, Izar, Schedir, Alderamin, Algorab, Betelgeuse, Bellatrix, Alcor.

Sorgevano lentamente e subito prendevano ai nostri occhi un aspetto umano, quali erano raffigurate in quell'antica carta del cielo appesa alla parete, dentro una grande cornice barocca, nell'atrio della vecchia casa aggrappata al convento delle monache del Paradiso.

Andromeda incatenato allo scoglio, i capelli sciolti sulle spalle nude, le bianche braccia protese verso Perseo, splendido e triste, recante nel pugno la testa di Medusa ricciuta di serpi. L'Auriga in piedi sul veloce carro, le lunghe redini raccolte nella mano, la sferza di cuoio roteante sulle criniere dei cavalli, via trascorrenti nel tumulto della battaglia in una nuvole di polvere rossa, fra i lampi verdi delle corazze e delle spade. Il Toro che rapisce Europa sulla groppa nera e schiumosa e più in là, l'oltre l'Orsa, Pegaso alato scalpitante, e Cassiopea, e le Pleiadi, e il Cigno e la Volpe e più vicini i Dioscuri, alti nel cielo a cavallo come nell'Elena di Euripide. E intorno la Lucertola, e i Pesci guizzanti in un'azzurra acqua profonda. Il Serpente perfido e pigro fra l'erba.

Un cielo barocco, popolato di personaggi sontuosi come la scena di un teatro. In quel giardino profondo già ero immerso in una tristezza già inquieta e incerta, dove i sogni dell'infanzia cedevano alle speranze dell'adolescenza. Solo oggi posso dire che l'ultima tristezza della mia infanzia, altro non era che la prima rivelazione dell'adolescenza.