La Pieve di San Valentino ancora esiste nei pressi di Montefollonico anche se oggi versa in pessime condizioni.

La prima testimonianza della sua esistenza risale all’anno 714, (periodo longobardo) e compare in un documento conservato nell’Archivio Capitolare di Arezzo facente parte di quel fascicolo relativo alla famosa controversia fra i Vescovi di Arezzo e di Siena per il possesso di Pievi, Chiese e Monasteri, situati al confine delle due Diocesi.

Lo scontro verrà poi definito dagli storici come la “guerra delle Pievi contese” ed esso non fu soltanto politico, ma anche bellico in quanto sfociò spesso in azioni militari con tanto di assalti armati alle chiese e omicidi, al punto da far scomodare nel tempo Papi e Imperatori che si prodigarono in compromessi, giudicati, lodi e testimoniali, per porre fine alla disfida e fissare i confini definitivi alle due Diocesi.

Grazie dunque a questa contesa, che si protrasse fino al XIII secolo, ci giungono le notizie più antiche della nostra Pieve contenute non solo nel giudicato del 714, ma anche in un testimoniale del 715, in un placito del 853, in altro giudicato del 881, in un precetto Imperiale del 998, in altro giudicato del 1057 e in un altro testimoniale del 1177-1180.

La Pieve di S. Valentino compare per la prima volta come “baptisterium sanctum Valentinum in Ursina” e poi come “ecclesia et baptisterium sancti Valentini in casalem Orsina”, ma anche come “Baptisterium Sancti Valentinum in casale Ursina”. Ricompare poi nel giudicato dell’881 come “Ecclesia Sancti Valentini in Casale Ursino” e nel precetto del 998 come battistero “Sancti Valentini Ursino”. Successivamente, non troveremo più il suo nome associato a quello della località nella quale la pieve era ubicata poiché ormai, vicino ad essa, era nato ed aveva assunto un’importanza rilevante il castello di Montefollonico. Per questo troveremo, nel giudicato del 1057, solo la dicitura “Baptisterio Sancti Valentini” e, nel testimoniale del 1177-1180 “Sancti Valentini de Fullonica”.

Per quanto riguarda il toponimo “casale Ursino o Ursina” esso rimase ancora a lungo ad indicare il poggio sul quale era stato costruito l’edificio e che fu probabilmente anche un piccolo borgo, tanto che ancora oggi a breve distanza esiste il Podere Orsina.

Per quanto riguarda invece la titolazione della nostra Pieve, il toponimo Valentino non è che una derivazione del nome della divinità etrusca (poi romana) di Veltumno e non ha nulla a che vedere con il più conosciuto San Valentino Vescovo di Terni. In seguito, quando ormai la chiesa aveva contestualizzato il titolo, assunse quello di Valentino Prete e Martire, adeguandosi ai canoni vaticani.

L’area di pertinenza della nostra pieve era vasta e comprendeva, oltre a Montefollonico, anche il villaggio di Frignano, quello di Ciliano e parte del territorio dell’allora Comune di Montepulciano. Va da sé che tutte le chiese della zona gli erano sottoposte, esclusi casi particolari.

Uno di questi è rappresentato dalla chiesa di Feroniano (oggi Frignano), intitolata a S. Apollinare e che, nonostante fosse presente nel piviere di San Valentino almeno dal Decimo secolo, non fu mai ad essa sottoposta in quanto proprietà del Monastero di San Salvatore sul Monte Amiata.

Nel XIII secolo, con l’ascesa del castello di Montefollonico sia dal punto di vista militare che commerciale ed economico, i villaggi ad esso circostanti si erano spopolati e la gente era andata ad abitare entro le mura facendo aumentare anche l’importanza delle due chiese di Montefollonico: S. Bartolomeo e San Leonardo, diventate entrambe “parrocchie”.

Da questo momento in poi e fino al diciannovesimo secolo, Montefollonico avrà tre parrocchie e San Valentino sarà quella con minor numero di parrocchiani pur mantenendo il fonte battesimale e dunque il titolo di Pieve.

Nel 1462, con la creazione della nuova Diocesi di Pienza, tutto il piviere di San Valentino fu staccato dalla Diocesi di Arezzo ed andando assieme ad altre pievi (Cosona, Bibbianello, Cennano, Trequanda, Torrita, Sinalunga..) a costituire il nuovo vescovado.

Agli inizi del 1500 Papa Clemente VII la unì al capitolo della cattedrale di Pienza e nel 1529 la diede in Commenda al Cardinal Giovanni Piccolomini.

Da allora la cura delle anime fu prerogativa dei canonici che facevano una turnazione bimestrale tra di loro per esercitare tutte le funzioni ecclesiastiche, ma la cosa non durò a lungo e il visitatore apostolico Francesco Bossio, nel 1576, stabilì che non si poteva continuare così, ma ci voleva un parroco fisso e dimorante. Solo nel 1637 però, il Capitolo della Cattedrale istituì un vicario inamovibile per San Valentino.

Dalla visita pastorale di Mons. Girolamo Borghesi del 1677 si evince che  la chiesa era in più parti rovinata e che andava rinnovato anche il fonte battesimale. C’erano inoltre da restaurate le sacre immagini e alcune pareti. San Valentino tornò invece agli antichi splendori agli inizi del 1700, con il Pievano Severo Mencucci il quale fece realizzare due altari, uno dedicato a San Giovanni Battista e l’altro alla Beata Maria Vergine del Monte Carmelo.

La bravura del Mencucci fu elogiata anche nel 1717 dal Vescovo Silvestri che acconsentì, proprio su richiesta del parroco, all’istituzione nella chiesa di San Valentino della confraternita della Beata Vergine dei sette dolori da parte del generale dell’Ordine dei Servi di Maria.

Dal punto di vista architettonico ben poco resta della struttura della chiesa originaria, se non un tratto di muro a bozze di arenaria e i resti di un arco visibile nel fianco sud dell’edificio. La Pieve fu sempre a navata unica e subì nel corso dei secoli diverse ristrutturazioni e rifacimenti. Il campanile, ad esempio, era sopra la porta di ingresso e fu spostato sopra la sagrestia per volere di Monsignor Forteguerri che lo richiese espressamente in una visita pastorale del 1699.

La facciata invece fu rifatta nel 1927 dal pievano Don Teodoro Valentini su disegno dell’architetto Platone Barbacci.

mpriano.