Se la gente ch'al mondo più traligna non fosse stata a Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna,

tal fatto è fiorentino e cambia e merca, che si sarebbe volto a Simifonti, là dove andava l'avolo alla cerca

(Dante Alighieri, Paradiso, XVI, 58-63)

 

Uno dei poggi sui quali sorgeva Semifonte

Quasi ormai nessuna traccia esiste a testimoniare l’antica città di Semifonte, che sorgeva alla fine del secolo dodicesimo su di un colle in prossimità di Barberino Val d’Elsa.

Fondata circa l’anno 1170 dal conte di Prato Alberto IV degli Alberti divenne ben presto uno dei centri più potenti della Valdelsa, grazie alla sua posizione strategica che dominava un bel tratto di val d’Elsa e della via francigena, che in quei secoli costituiva un asse importantissimo per il commercio.

Quella di Semifonte fu una rapidissima ascesa, ma altrettanto veloce fu la sua caduta perché osteggiata da Firenze che, oltre a sentirsi minacciata economicamente, la vedeva come un ostacolo alle sue mire espansionistiche verso Siena.

Le vicende politiche e militari di quest’area naturalmente, non videro coinvolte solo Semifonte e Firenze, ma anche le vicine città di Siena, San Gimignano, Colle val d’Elsa, Poggibonsi, Certaldo, ma in un contesto più ampio anche il Papa e l’Imperatore, il Priore vallombrosano di Badia di Passignano, il Vescovo di Volterra, Montalcino, Montepulciano, il Chianti.

Naturalmente non tutti e non nello stesso momento questi attori citati furono protagonisti, ma in qualche modo ebbero una loro parte.

Più volte, a partire dal 1186, Firenze aveva intrapreso forzature ed azioni militari contro Semifonte ed inutilmente i conti Alberti avevano promesso di non fortificare o di cessare la costruzione della città, ma ogni volta, passato poco tempo dall’accordo, tornavano sui loro passi, certi che contro i fiorentini bastasse loro la protezione riconosciutagli dall’Imperatore.

La potenza di Semifonte continuava a crescere e nel 1196 i fiorentini si presentarono per la prima volta sotto le mura della città, assaltando e danneggiando il borgo sottostante. Avendo però danneggiato anche la chiesa della Badia di Passignano, da poco costruita dai vallombrosani, Papa Celestino III lanciò l’interdetto su Firenze.

Un avvenimento inaspettato però, cambiò nel 1197 lo scenario valdelsano: l'imperatore Enrico VI morì e lasciò come erede il fanciullo Federico II.

Da lì a poco le città toscane cercarono di darsi una linea comune e una sorta di mutuo soccorso dando vita alla famosa Lega di Tuscia (1197-1198), ma Firenze, chiese ed ottenne che alcuni castelli dei Conti Alberti ne rimanessero fuori (Certaldo, Mangona e Semifonte). Nello stesso anno i fiorentini cominciarono l’assedio di Semifonte.

Dopo aver inizialmente conquistato il castello di Montegrossoli, presero nel maggio 1198 anche quello di Certaldo.

L’anno successivo (1199), il Conte Alberti tentò di avvicinare i senesi alla sua parte cedendo la metà dei suoi diritti ad un cittadino senese, Scorcialupo da Mortennano, sperando in un tentennamento di Firenze che non ci fu.

La morsa dell’assedio si fece più stringente ma le città valdelsane a questo punto, temendo il dilagare della potenza fiorentina in quest’area cercarono di ricomporre le loro antiche rivalità e nel novembre 1199, proprio dentro la Semifonte assediata, Colle Val d’Elsa e San Gimignano, quest’ultima già alleata con Semifonte fecero pace e patto di reciproca difesa.

Il nuovo asse semifontese si arricchì temporaneamente di nuova linfa, e Colle andò ad aggiungersi ai già fedeli centri minori della val d’Elsa e della Valdera come Montignoso, Castelvecchio, Monteglabro, Montevoltraio e Castello di Pietra.

Nel febbraio del 1200 però avvenne il tradimento più impensato e fu ad opera dello stesso conte degli Alberti che, per salvare il resto dei suoi beni si accordò con il comune di Firenze vendendogli la sua metà dei diritti sul castello.

Nel 1201, un ulteriore tassello fu messo a segno dalla diplomazia fiorentina e fu la cosiddetta pace di Fonterutoli tra Siena e Firenze.

Lo scambio in sostanza prevedeva che Firenze non si occupasse più di Montalcino e Siena non si interessasse di Semifonte. Il podestà di Siena Malavolti inoltre garantì l’impegno dei senesi a impedire che Colle Val d’Elsa e San Gimignano portassero qualsiasi rifornimento a Semifonte.

Proprio grazie a questo accordo di neutralità con Firenze l’esercito senese poté finalmente scagliarsi contro Montalcino riuscendo finalmente ad averne ragione. Dalla cronaca del Montauri: “e Sanesi presero Montalcino de la greta, che s’era ribellato, e per forza di battaglia la vigilia di santo Agnolo 1201: e stevie l canpo 18 mesi”.

L'accordo di Fonterutoli determinò a breve, il cambiamento di rotta di Colle Val d'Elsa, ma anche quello di altri alleati come la Badia di Passignano.

Solo San Gimignano continuò a onorare l’alleanza con Semifonte, ma a un certo punto, dopo che Firenze promise loro una sorta di immunità post-bellica, allentarono i rifornimenti.

L’assalto definitivo a Semifonte fu lanciato nel marzo 1202 e stavolta la cosa fu definitiva. Come in tutti gli avvenimenti bellici di una certa importanza, anche su questo aleggia un alone di mistero e di leggenda secondo il quale Tizio aveva tradito Caio e caio aveva tradito Sempronio, ma molto più attendibile fu la cronaca del Salvini secondo la quale i difensori di Semifonte erano in numero di cinquemila e i fiorentini superavano i diecimila uomini.

Terminata l'opera di distruzione, Firenze decretò che su quel colle non si sarebbe mai più potuto costruire nessun edificio. Tale divieto è stato, di fatto, rispettato fino ad oggi, ad esclusione della Cappella di S. Michele, eretta, nel 1597, sulla cima del colle, dopo la faticosa approvazione di Ferdinando dei medici Granduca di Toscana.

 

 (Nella foto: Uno dei poggi sui quali sorgeva Semifonte)