Eravamo nel 1848, nel bel mezzo di un periodo turbolento per le vicende politiche della nostra penisola. L’ideale di rendere finalmente l’Italia una Nazione sotto un unico Re si era ormai fatto strada, soprattutto tra i giovani studenti e le università toscane pullulavano di ragazzi con il fervente desiderio di cacciare finalmente gli austriaci. Le imprese di Garibaldi ed i moti rivoluzionari precedenti avevano solo dato inizio ad un fenomeno che non si era ancora concluso.

Fabio Dogarelli era uno di loro e si era da poco laureato a Firenze. Nativo di Asciano, proveniva da una famiglia agiata che da generazioni era ai vertici della politica di questa cittadina, tanto che i suoi avin avevano più volte ricoperto l’incarico di Podestà o di Cancelliere di Asciano.

E così, quando  nel marzo 1848 giunse la notizia che tre importanti città del Settentrione erano insorte contro gli austriaci (Padova, Milano e Venezia), Fabio Dogarelli decise di partire per quella che sarebbe passata alla storia come la prima guerra di indipendenza (marzo1848 - marzo 1849).  

Circa un mese prima il Granduca di Toscana Leopoldo II aveva concesso ai suoi sudditi un nuovo Statuto e aveva favorito l’insediamento di un Governo costituente. Al precipitare della situazione, ritenne cosa opportuna inviare truppe regolari al nord a fianco dei Piemontesi, ma anche di accettare la costituzione di una Guardia Civica volontaria e di una Guardia Universitaria fortemente caldeggiata dai docenti e dagli studenti che frequentavano le Università di Pisa e Siena.

L’impulso e la spinta provocata dagli universitari senesi convinse probabilmente Leopoldo II a prendere la decisione favorevole ad un intervento militare. Partirono così da Siena per  andare a combattere al nord decine e decine di volontari poco addestrati e male equipaggiati.

Agli studenti senesi si erano uniti ben presto le matricole pisane permettendo la nascita di quel Battaglione Universitario che si fece tantissimo onore nella battaglia di Curtatone e Montanara.

Ma Fabio Dogarelli aveva già terminato Università e quindi si arruolò (con il grado di Tenente) a Firenze tra le file del reggimento formato dai volontari civici toscani.

Dello stesso battaglione fece parte anche il giovane Giuseppe Ghezzi, commilitone di Montevarchi, che avrà un ruolo nelle vicende romanzesche della nostra primula rossa.

Come sappiamo dalle cronache del tempo, a Curtatone e Montanara le forze austriache schierate sul campo di battaglia erano largamente superiori alle truppe toscane per numero di soldati e per pezzi di artiglieria: malgrado ciò i battaglioni costituiti in gran parte dagli studenti universitari toscani riuscirono a tenere le posizioni per alcune lunghissime ore. 

La battaglia fu persa, ma il tenente Dogarelli ne uscì indenne, mentre il sergente Ghezzi fu fatto prigioniero e venne liberato soltanto alla fine del conflitto. Con l’Armistizio di Salasco si concluse intanto la prima fase della prima guerra d’indipendenza.

Fabio Dogarelli rientrò in Toscana e agli inizi del 1849 si spostò in Maremma per aiutare gli insorti di Livorno.

Pochi mesi dopo decise di raggiungere Roma per difendere la neonata Repubblica mettendosi a disposizione delle truppe guidate da Giuseppe Garibaldi. Dopo aver combattuto per la difesa di Roma (aprile 1849) e subìto l’assedio francese, il governo provvisorio romano decise di arrendersi. Come sappiamo, prima di consegnare la città ai Francesi, Garibaldi volle arringare la folla deciso a convincere buona parte dei soldati a seguirlo e, fuori da Roma, a continuare a combattere per la causa italiana. Fabio Dogarelli partì il 2 luglio 1849 con il Generale e con la cosiddetta Colonna Garibaldi per Venezia nella speranza di raggiungere e di dare man forte alla città lagunare e alle altre città e territori che, che dopo essersi ribellati all’impero austriaco, stavano resistendo eroicamente.

La cosiddetta “fuga di Garibaldi da Roma” fu una impresa lunga e difficile: le camicie rosse erano inseguite da un nutrito numero di eserciti (napoletano, pontificio, francese e spagnolo e la loro speranza era di entrare quanto prima in toscana. Ma una volta entrati nel territorio granducale le cose per i garibaldini non migliorarono affatto. Il Granduca si era ufficialmente opposto al passaggio di Garibaldi e del suo esercito permettendo invece il transito delle truppe austriache sul territorio toscano. In breve tempo si era venuta a creare una situazione complicata per gli uomini del Generale, sebbene l’esercito granducale non avesse la forza e forse nemmeno le intenzioni di affrontare la “Colonna Garibaldi” composta da quattromila soldati.

Le truppe garibaldine erano in cerca di un passaggio sicuro per evitare scontri armati con i soldati regolari toscani. Guidate anche dal tenente Fabio Dogarelli, le camicie rosse erano riuscite ad entrare dal Lazio in Toscana, attraversando il confine per accamparsi a Cetona. Qui a Cetona il 16 luglio 1849 i garibaldini trovarono un paese privo di soldati austriaci  e furono oggetto di una buonissima accoglienza da parte della popolazione locale. I documenti testimoniano e confermano che il tenente Fabio Dogarelli era a Cetona nei giorni 16 e 17 luglio al seguito delle truppe di Garibaldi.

Il Generale partì poco dopo da Cetona in mezzo alla folla entusiasta che gridò più volte “Viva Garibaldi re d’Italia” e si accampò durante la notte sopra al paese di Sarteano e la mattina successiva giunse e si accampò a Montepulciano fuori Porta S. Agnese.

(Nell'immagine: dipinto nella sala del Risorgimento del palazzo pubblico di Siena)

Venerdì prossimo la seconda puntata.