Non sarà certo una pietra quadrata a fare la differenza dell’afflusso di turisti in una città come Siena, anche perché di arte e di storia qui ce n’è oltre l’abbondanza, ma sembra davvero che chi arriva nella zona del Duomo non riesca a fare a meno di scattarle una foto.

Una tappa talmente irrinunciabile che anche le guide, sollecitate dai clienti o per loro scelta lavorativa, non lesinano ad accompagnarvi i curiosi visitatori.

Naturalmente il successo di questa iscrizione, il cui significato non è completamente chiaro nemmeno agli studiosi, è proprio l’alone di mistero che si è creato intorno ad essa con una miriade di interpretazioni, leggende e sfondoni a fare da contorno.

Per gli appassionati di storia è una vera e propria coltellata al cuore vedere come nel mondo del web, ma anche in quello social-turistico, un argomento così interessante venga ridotto ad appannaggio di sedicenti cultori del mistico o dell’esoterico che, pur senza dimostrare niente, danno soluzioni all’arcano.

Si spazia dalle teorie astronomiche a quelle numerologiche, dalle provenienze celtiche a quelle egizie, dai tarocchi alla Gerusalemme celeste e poi, quasi sempre, si finisce con i Templari che in fondo, come il caffè, non guastano mai.

Prima di cominciare a smontare una ad una le tante baggianate incrociate in rete, sperando che anche le guide ne facciano tesoro, andiamo a vedere da vicino la pietra in questione (foto).

Viene chiamato “SATOR” e nella nostra città si trova fisicamente incastonato nella parete laterale del Duomo, quella che guarda il Palazzo Arcivescovile. È posizionato abbastanza in basso e tutti coloro che ne hanno la curiosità possono facilmente individuarlo, anche se le lettere chiare scolpite nel marmo bianco non ne accentuano certo il risalto.

Si tratta di una iscrizione latina formata da cinque parole, a loro volta composte da cinque sillabe: SATOR, AREPO, TENET, OPERA e ROTAS. Tecnicamente siamo di fronte ad un cosiddetto “palindromo” e cioè una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra e viceversa o dall’alto verso il basso e viceversa.

Come abbiamo già detto, non è ancora chiaro il significato delle singole parole e nemmeno il senso del messaggio che ne scaturirebbe incrociandole nei vari modi possibili, anche se la maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che il soggetto sia appunto “SATOR” e cioè “seminatore”. Naturalmente il discorso cambia a seconda che si faccia una lettura lineare, bustrosferica o anfibologa. La descrizione più accreditata resta comunque questa: “Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino”, in sintesi “l’uomo decide le sue azioni quotidiane ma è Dio che decide il suo destino”. Ma anche “il seminatore Arepo tiene con cura le ruote”. “Arepo” però, non essendo un termine latino, potrebbe cambiare la frase in “il Signore tiene con cura le sue opere” oppure che bisogna “tenere con cura le opere di Dio” ecc… Naturalmente le diverse traduzioni non si contano e nessuna è quasi mai da escludere a priori.

Di questi palindromi in giro per l’Europa ne sono stati censiti almeno una cinquantina, compreso il nostro ed alcuni anche in Medio Oriente. Difficilissimo poi trovare un comune denominatore se non quello che la maggior parte di essi sono apposti in edifici di culto.

Sebbene sia ormai affermato il binomio Sator - “quadrato magico”, la parola “quadrato” è un altro grave errore perché esistono anche altre forme di Sator oltre a quelle quadrate. Ad esempio esiste in forma lineare, rettangolare (Campiglia Marittima), circolare (Aosta), radiale (Sermoneta-LT).

Se dunque abbiamo sfatato il mito del Sator come forma esclusivamente “quadrata” adesso andremo a depennare definitivamente l’inconsistente suo accostamento a quello dell’Ordine Templare. Eh sì, capisco benissimo che sto andando contro corrente all’attuale moda di attribuire un po’ tutto ai templari (Santo Gral, Arca dell’Alleanza, tesori nascosti, trasporto della Sacra Sindone, labirinto magico ecc…), ma ai poveri “cavalieri di cristo” non può davvero essere imputato l’utilizzo del palindromo in oggetto. Senza andare troppo nel dettaglio mi limiterò a dire che l’Ordine del Tempio nacque nel 1119 e terminò di esistere nel 1312, mentre i Sator fanno la loro comparsa almeno undici secoli prima.

Se poi andiamo a localizzarli uno ad uno scopriremo che essi si trovano raramente in luoghi dove la presenza dei templari è stata certificata. Naturalmente Siena è un’eccezione in quanto città con una nota “mansio templi”, ma in tutt’altra zona rispetto al Duomo. E perché allora i templari senesi avrebbero dovuto incastonare il Sator nel più imponente edificio della città e non nella loro chiesa di San Pietro?

Tra l’altro, nel caso senese, tra i canonici della cattedrale ed i “poveri cavalieri di Cristo” i rapporti furono sempre molto tesi e più di una volta per le loro diatribe erano dovute intervenire con lodi e sentenze le più alte cariche ecclesiastiche.

Anche nel caso della plurisecolare costruzione del Duomo l’ordine templare non ebbe mai parte, mentre una qualche influenza l’ebbero casomai i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (Ospedalieri, poi di Rodi, poi di Malta) che ricoprirono con specifiche figure alcuni importanti incarichi nell’Opera (vedi Alberto Aringhieri).

Sfatiamo pure l’assunto che il Sator fu un’invenzione Medievale.

Infatti sono stati ritrovati esemplari molto più antichi dei quali due addirittura rinvenuti negli scavi di Pompei, città distrutta nel 79 d.C., uno a Cirencester (la colonia romana di Corinium in Inghilterra) datato III° secolo d.C. e ben quattro in Siria, nella ex colonia romana di Dura-Europos, datati intorno al 200-220 d.C. 

In molti infine credono che il SATOR sia un simbolo cristiano e, visto il materiale di cui oggi disponiamo ed il fatto che lo ritroviamo quasi sempre sulle pareti di chiese (anche inciso su qualche campana), potremmo crederlo anche noi. Ma il fatto che ne siano stati ritrovati due esemplari a Pompei smentirebbe questa ipotesi.

È ben vero che la città fu distrutta nel 79 dopo Cristo, ma non è detto che i due Sator siano stati incisi proprio poco prima dell’eruzione del Vesuvio. Potrebbero risalire certamente al secolo precedente, quando il messia non era ancora nato e con lui nemmeno il cristianesimo. Difficile pensare che Pompei fosse fin dai primi decenni della morte di Gesù un avamposto della cristianità, quando ancora la religione non si era diffusa in modo massivo in occidente. Anzi, nel mondo romano i cristiani furono inizialmente perseguitati e puniti in modo esemplare e tanto per ricordare, nel 64 d.C. a Roma Nerone ne aveva fatti uccidere migliaia (compresi gli apostoli Pietro e Paolo). Impossibile dunque che nello stesso periodo a Pompei, città romana, i cristiani esibissero spudoratamente i loro simboli alla luce del sole. E che gli stessi fossero posti in bella vista nella villa di un influente cittadino romano (Paquio Proculo) o in un luogo pubblico come la “Palestra Grande” è quanto mai improbabile. Va da sé che il SATOR ebbe un significato, almeno inizialmente, difficilmente riconducibile alle radici della cristianità.

Ciò è anche provato dalla traduzione che Cicerone fece (44-45 a.C.) di un brano di Sofocle nel quale definì Zeus con l’epiteto “caelestum Sator” intendendo dire “padre celeste” o “padre degli Dei”, ma è altrettanto vero che nei secoli successivi i cristiani ne fecero un uso frequente, riproducendolo negli edifici religiosi. Probabilmente quello che fu un simbolo pagano entrò pian piano e con giustificati motivi nel mondo della chiesa, fu accettato e diffuso senza grandi ostacoli teologici.

In fondo è la storia di molti simboli pagani di origine etrusca, celtica, eccetera, filtrati dai Longobardi o dai Bizantini come la “sirena bicaudata” o il “nodo di Salomone”.

Da tenere in considerazione anche il fatto che l’utilizzo del SATOR primitivo non prevedeva la riquadratura delle parole (a mo’ di cruciverba), cosa che ritroveremo invece in alcuni dei palindromi posteriori all’XI° secolo, a sottolineare come fossero cambiati i valori del simbolo ed i suoi fini divulgativi.

Secondo me dunque il SATOR fu nell’antichità un simbolo di “protezione” o “buon auspicio” con il quale si invocavano le Divinità celesti (Zeus, Saturno…), affinché vegliassero sulla casa, villa, edificio e probabilmente sulla famiglia che vi abitava. Si trattava di una sorta di “targa” da apporre alla fine dei lavori di costruzione di un edificio, di una chiesa o di un’opera affinché poi, grazie a questo sigillo, essa svolgesse un’azione protettiva. Non a caso i Sator primitivi venivano effigiati sulle colonne e sui muri maestri.

In seguito il cristianesimo se ne appropriò adattandoli ai propri canoni religiosi. Il Sator (seminatore) identificò il Dio cristiano e la riquadratura mise in luce tutta una serie di cose che ben si confacevano ad esso. Ad esempio evidenziando le parole centrali “TENET” ci accorgiamo che esse formano una croce al centro del quadrato, oppure anagrammando le sillabe viene fuori la parola PATERNOSTER ecc..

Alcuni manoscritti potrebbero aiutarci a sostenere questa tesi, come ad esempio questo di metà XI secolo (foto).

Il Sator è scritto con sillabe greche (rarissimo esempio) ed a sinistra c’è un chiaro riferimento alle virtù di Cristo, segno che adesso il palindromo si stava ormai cristianizzando.

Un secolo più tardi, a metà del XII secolo, un altro manoscritto (una ricopiatura di un celebre Etymologiarum del 600 d.C.) terminava proprio con due Sator, uno in forma lineare ed uno “a cruciverba” (foto).

Non ci sono spiegazioni di sorta nelle pagine precedenti, né nessun accenno al palindromo che fu apposto a fine volume e al centro pagina dal copiatore, come fosse la parola “FINE”. Essendo stato un lavoro grandissimo e umanamente faticosissimo (era l’ultimo di venti volumi ricopiati a mano), mi piace pensare che lo scribano medievale l’abbia messo come segno di protezione e salvaguardia dell’opera da lui compiuta e terminata.