Castiglion del Bosco, che fu uno dei tanti castelli della repubblica senese, oggi si trova nel Comune di Montalcino e fu fondato dai Cacciaconti sul finire del XII secolo.

Successivamente fu possesso di tante famiglie senesi blasonate, forse le più importanti: Giuseppi, Gallerani, Salimbeni, Piccolomini, Tolomei, Marescotti, Del Cotone, Borghesi, Malavolti-Del Benino, per poi finire due secoli fa ai Biondi (poi Biondi-Santi), famiglia di origini volterrane ed ora in possesso di Massimo Ferragamo.

Agli inizi del 1200 Castiglione era già testimoniato nei documenti come torre e castello e, nella seconda metà di questo secolo, dotato di una chiesa e di una Pieve.

In zona Agresto, ancora rimangono dei resti di quella che fu la Pieve fortificata di S. Michele Arcangelo a’ Monti, distrutta in almeno un paio di eventi bellici avvenuti nel secolo XIV.

L’altra antica chiesa invece ancora si trova in quello che oggi viene chiamato “Borgo di Castiglion del Bosco”, dove si vedono ancora i resti di un castello, con torre e cinta muraria.

Il toponimo di questo luogo, che già di per sé rende bene l’idea della folta vegetazione nel quale è immerso, è in realtà abbastanza recente e lo troviamo solo a partire dal seicento, mentre i documenti anteriori lo ricordano come “Castillione Longombrone” o “Castillione iuxta Umbronem”.

Sotto la collina dove sorge l’antica fortezza infatti, scorre il fiume Ombrone, importantissimo torrente che da sempre, nel bene e nel male, è stato in correlazione con gli uomini di queste terre.

Riassumendo, l’area storica di Castiglion del Bosco era formata da due distinte zone fortificate, quella più in alto con relativa Pieve e quella più in basso con la chiesa e il castello.

Dei due edifici sacri testimoniati a “Castiglioni iuxta Umbronem”, nei documenti della seconda metà del duecento, uno appariva come “Canonica di S. Michele Arcangelo”, mentre l’altro come “Chiesa di S. Stefano de Costa”.

La prima, dopo aver subito ben due distruzioni, fu pian piano abbandonata e lasciata al suo destino, mentre il castello più in basso (l’attuale), fu ripopolato demograficamente divenendo uno dei tanti “Comuni” del contado senese.

Quando la Pieve di S. Michele (detta “ai monti”) perse pian piano di importanza, il suo titolo fu traslato nella chiesa del borgo sottostante che ne assunse l’incarico. Nella vecchia pieve ebbe ancora ragione la compagnia laicale di San Michelangiolo a’ Monti (nata nel 1583), che vi aveva sede, vi faceva dire qualche messa e vi organizzava una processione annuale con un percorso di un paio di chilometri che la collegava all’altra. Ma a fine settecento (1785), dopo richiesta del parroco di Castiglioni e dopo una relazione fatta da quello della vicina chiesa di S. Andrea ad Abbadia Ardenga, Monsignor Borghesi, arcivescovo di Siena, decise per la definitiva sua sconsacrazione (era ridotta ormai a rudere).

Oggi, nella chiesa del borgo (ex Santo Stefano, poi S. Michele Arcangelo), è ancora visibile un’opera d’arte importantissima: un affresco del pittore Pietro Lorenzetti, fratello del più celebre Ambrogio, dipinto nel 1345.

Si tratta di una “Annunciazione”, opera tra le più belle del pittore, che fu tra l’altro molto prolifico e lasciò numerose tracce della sua arte anche in altre chiese della zona tra le quali quella di Castelnuovo Tancredi.

A destra sono raffigurati i Santi Michele Arcangelo, Bartolomeo e Francesco d’Assisi, mentre a sinistra S. Antonio Abate, Giovanni Battista e Stefano.

Non a caso S. Stefano e San Michele Arcangelo erano le intitolazioni delle due chiese di Castiglioni.

Sulla data di esecuzione non ci sono mai stati dubbi in quanto fu dal Lorenzetti scritta alla base dell’affresco ed è ancora visibile abbastanza perfettamente.

Sull’attribuzione del dipinto (a partire da quella del Brandi del 1931) c’è sempre stata concordia tra i vari esperti. 

È l’ultima opera attribuita a questo artista che intorno al 1350 scomparve e non se ne conoscono altre posteriori. Pur non essendo riuscito a ritrovare alcuna documentazione sul dipinto di Castiglion del Bosco, ho sempre pensato che la committenza fosse quella del Vescovo Donusdeo Malavolti, che qui aveva dei possessi sia di famiglia che legati al vescovado. Per lui tra l’altro il Lorenzetti aveva già lavorato nel Duomo di Siena e questa chiesa fu ricompresa in quei secoli nella pievania di S. Innocenza, retta per diverso tempo da un Malavolti. Molte dunque le strade che porterebbero ad un possibile contratto Malavolti-Lorenzetti, ma un’altra ipotesi mi è balenata in testa dopo aver osservato l’affresco molto da vicino.

Ai piedi della Madonna (in basso) infatti è stato disegnato dal Lorenzetti, apparentemente senza significato con il resto del lavoro, un “nodo di Salomone”.

Il nodo di Salomone è un simbolo antichissimo, tornato particolarmente in voga nella pittura del tardo medioevo. Molto usato ad esempio da Giotto, Piero della Francesca, poi da Raffaello e Leonardo, ma la particolare caratteristica del suo utilizzo in questo periodo è quella di vederlo quasi sempre associato alle immagini della Madonna, tanto da poterlo definire a tutti gli effetti un “simbolo mariano”. Non mi addentrerò nei mille significati che gli attribuiscono gli esoteristi, o gli appassionati di numerologia, di astrologia eccetera, ma mi limiterò a dire che questo nodo di Salomone è presente nell’Annunciazione di Castiglion del Bosco. Un’idea particolare però non mi si toglie dalla testa.

Nel 1337 questo castello, così come l’adiacente borgo e la chiesa, furono acquistati in blocco da un Piccolomini che, per ribadirne il possesso, fu costretto ad un’azione di forza nei confronti dei soldati inviati in loco da Donusdeo Malavolti vescovo di Siena. Il fatto d’armi avvenne in quanto, dicono le cronache, i Malavolti rivendicavano avere alcuni diritti in Castiglion dei Boschi (Alessandra Carniani in “I Salimbeni, quasi una signoria…” e G. Antonio Pecci in “Storia del vescovado della citta di Siena..”.

Ebbene: questo personaggio fu Salomone di Bartolomeo Piccolomini.

Dando per vero l’episodio, supportato anche da altri documenti da me rinvenuti, da quella data (1337/1338), Castiglion del Bosco risulta effettivamente di proprietà di Salomone Piccolomini.

Potrebbe essere lui il committente dell’affresco del Lorenzetti che fu fatto solo sette anni dopo la compera del castello ed il “nodo di Salomone”, una semplice ed esplicita dedica dell’artista a chi pagò quella bellissima opera.