In un mercoledì di maggio, grigio e afoso ci ha lasciati per sempre un grande uomo amante di Siena e delle sue tradizioni, dello sport e tutto quello che è gialloblu e bianconero. 

Si chiamava Adù Muzzi, per tutti semplicemente Adù dalla Tartuca e, se lo volevi, lo trovavi sempre nei soliti posti. Nel suo negozio in via delle Terme, all’angolo dell’Unto, in Piazza del Campo e chiaramente nel suo Rione, in Tartuca.
Battuta sempre pronta, simpatia innata, ironico ma allo stesso tempo burbero ma che aveva un cuore grande, immenso. Merce rara al giorno d’oggi.

Adù aveva la moglie selvaiola e quindi durante l’anno veniva spesso a cena in Vallepiatta.
Ci incantava con i suoi discorsi, ricordi e soprattutto suggerimenti ai più giovani. Sì, proprio ai giovani perché anche loro si mettevano a sedere al tavolo dove c’era lui e lo ascoltavano con attenzione e dai loro occhi traspariva ammirazione e un pizzico d’invidia per una Siena e un Palio che oggi non esistono, purtroppo, più.

Diciamo la verità, Adù nella Selva si sentiva un po’ a casa sua, avendola frequentata sin da giovane e infatti non perdeva occasione per ricordare a sua moglie che “il tu' babbo 'un voleva che ti sposassi e invece hai visto com’è andata? T’ho sposata e tutti zitti!” E ancora “O ragazzi, ma voi 'un c’eri quando si veniva a balla' qui da voi, che tempi! Purtroppo tanti amici veri un ci so’ più, ma che ci volete fa, è la vita.”

Non aveva peli sulla lingua e se aveva da criticare, o meglio ancora, mandare a quel paese qualcuno, non si faceva scrupoli, anzi alzava anche la voce.
Insomma era un personaggio che in ogni posto si trovasse, faceva capannello. Certo, di cose da raccontare ne aveva molte vista la sua “carriera da senese”: proprietario di cavalli vittoriosi, aneddoti e situazioni di Palio vissuto, in fondo ha fatto un po’ di tutto nella sua amata Contrada compreso il Priore e il Tenente. Insomma Castelvecchio l’ha vissuto a trecentosessanta gradi per tutta la sua vita.

Forse un solo libro non basterebbe per raccontare la storia di Adù, le sue avventure, storie, fatti realmente accaduti e via dicendo, perché era un vulcano sempre in eruzione e talvolta si faceva fatica a fermarlo.
È stato un Maestro di vita e di Contrada e non si risparmiava a dare consigli: molte volte, quando ero Capitano della Selva, mi fermava e mi iniziava ragionamenti strategici sulla prossima Carriera che si sarebbe corso. Da buon tartuchino, era di parte, ma stava nel gioco, un meraviglioso gioco fatto di parole, sguardi e sensazioni. Per capirsi, Adù era Adù. Punto.

Un ultimo ricordo, che mi sta molto a cuore. Nell’agosto 2015 quando vinsi il Palio, con Adù fu il primo abbraccio di un non Selvaiolo, proprio quando scesi le scalette del palco e mi disse “Te l’avevo detto che vincevi!”.

Un forte abbraccio caloroso che voglio rendere oggi a Lui,  ad Adù, alla sua famiglia e alla Contrada della Tartuca che tanto le ha dato e tanto ne ha ricevuto.

Allora caro Adù, fai un buon viaggio e sistemati comodamente in quella parte del cielo colorata di giallo e blu.
Sono sicuro che lì starai bene e in ottima compagnia.

Ci mancherai.