Confesso come siano stati giorni complicati. Fra il grandissimo entusiasmo per la nuova avventura professionale che si stava aprendo e il sentimento contrastante per quello che, dopo tanti anni, si stava per chiudere. Qualcuno lo chiama “giornalismo sul campo”.

Io penso di essere stato semplicemente un umile cronista di provincia, di quelli che almeno provano a stare per la strada, in un’epoca dominata invece dal web e dai social: non mi fraintendete, sono strumenti importanti e utili. Però ho pensato e perfino sperato di conservare il gusto di scovare qualcosa da raccontare passeggiando per le nostre strade e i nostri vicoli. Così è nato, nel gennaio dello scorso anno, anche il rapporto con “Noi - frammenti di siena”.

Raccontare la città e il territorio attraverso volti, persone e storie. Approfondire le eccellenze (parole fin troppa abusata) del mondo in cui siamo immersi e di cui spesso ci accorgiamo solo fino a un certo punto. Un’avventura che mi è immediatamente piaciuta, per quella idea di provare a narrare in maniera diversa quel “puzzle” che è la società di oggi, in tutte le sue sfaccettature, nei suoi dettagli e, appunto, nei suoi frammenti. Quel “Noi” composto, come ci insegna la storia di Siena e del suo territorio, di tanti piccoli-grandi “io”.

Di questa avventura, forse breve ma certo intensa, devo ringraziare per prima cosa colui che, ormai diversi mesi fa, decise di alzare il telefono e chiamarmi. Con Gianluca Targetti ci conosciamo da tempo e abbiamo anche collaborato per qualche progetto passato, ma non avevamo mai avuto occasione di lavorare fianco a fianco. Non c’è stato bisogno di nessun periodo di assestamento, il feeling (come dicono gli anglofoni) è stato immediato e, permettetelo, subito proficuo. Così come con Stefania Foderi, vero e proprio factotum di Extempora, cuore pulsante e cervello razionale.

“Noi - frammenti di siena” è cresciuta in questi mesi. Abbiamo raccontato tanti senesi, tanti personaggi, tante persone. Siamo (utilizzo ancora il plurale) diventati un appuntamento irrinunciabile, destando quella curiosità di andare a scoprire la copertina e i personaggi descritti e fotografati, annunciati e raccontati. Sono stati numerosi e variegati in questi mesi, siamo stati capaci anche di cogliere quelli che erano davvero in “vetrina” o che comunque hanno e avrebbero meritato di descriversi alla città.

Più che grazie a me (o, meglio, non solo grazie al sottoscritto), tutto questo è avvenuto grazie a un lavoro di gruppo sempre proficuo e inteso.

È stato semplice “dirigerlo”, per quanto questa espressione, adesso, mi appaia anche esagerata.

Un gruppo che si è fregiato delle penne, quelle sì, eccellenti, di Duccio Balestracci, Maura Martellucci e Senio Sensi, persone che in passato guardavo con ammirazione per la loro capacità di utilizzare linguaggio e parole con semplicità e profondità, trasmettendo i valori della nostra comunità. Dell’entusiasmo di Arianna Falci ed Eleonora Mainò, vulcaniche e attente ai movimenti sociali della città. Della capacità narratoria di Don Enrico Grassini, che ogni volta riesce a stupirmi. Un gruppo a cui si è unita Elena Conti negli ultimi numeri, portando una ventata di (ulteriore) entusiasmo e di analisi e di cui fanno parte anche tanti altri collaboratori e tanti altri spero possano unirsi per condividere questo universo di idee e di valori.

È il gruppo che lascio volentieri a Veronica Costa, che prenderà il mio (umile) posto di direttore di una rivista che sono sicuro ha ancora ampi margini di crescita, addirittura esponenziale, partendo dalle basi che, tutti insieme, siamo stati capaci di innalzare, pur in una città le cui maledette complicazioni sono proporzionali all’amore che provo guardandola, per sorreggere “Noi”. L’amore. Certo, la passione è un sentimento complicato da gestire quando si prova a fare giornalismo. Senza di quella come sarebbe facile e semplice la vita. E come sarebbe noiosa.