L’indesiderato ospite, il signor Covid con le sue sgradite varianti, dopo due anni di sosta ci ha permesso di rivedere la terra in piazza: bentornato Palio ma ci sei sembrato non proprio in forma. È stata una rinascita incompleta ancorché molto gradita. O sarebbe meglio dire che non si è trattato di due gemelli: uno, luglio, proprio bruttino e quasi irriconoscibile e l’altro, agosto, che almeno aveva i tratti somatici a noi noti! Temevamo che la macchina si fosse un po’ arrugginita ma non che si dovesse vivere qualcosa di molto diverso dalla nostra storica, eccezionale normalità.

A giugno già le premesse facevano temere che si andasse incontro a qualcosa di molto pericoloso, con alcuni cavalli ritenuti di prima fascia iscritti al protocollo e poi tenuti “nascosti” nelle stalle. Ci siamo domandati di chi era quella scelta e a qual fine la si compiva. Per non apparire immemori o sprovveduti ricordiamo che anche in tempi recenti e meno recenti abbiamo vissuto situazioni simili ma, nell’occasione, eliminare a tavolino tanti soggetti che avevano maturato qualche vittoria e molta esperienza apparve, ai più, un azzardo.Se, a Siena, si mantiene per tutto l’anno un cavallo dovrebbe essere per la gioia di vederlo in Piazza; eccezion fatta per i fantini/proprietari che possono avere i loro motivi (in conflitto, spesso, con quelli dei contradaioli) per seguire le loro strategie. Loro i colpevoli? Alcuni malpensanti hanno creduto che si trattasse solo di scelte fatte dai Capitani ma a qualcuno di loro, sul tema, è sfuggito qualcosa come “non ne conosco il motivo”. Bugia? Dall’esterno è apparso un “reato” in concorso di colpa.

Abbandonato, solo formalmente, il dubbio era evidente che tutto questo comportasse l’obbligo di affidarsi a cavalli inesperti – in numero di otto – con le conseguenze che puntualmente si sono verificate. A cominciare dalle prove qualche soggetto ha subìto infortuni ritenuti tali da non essere idonei per la corsa. E qui si è puntualmente scatenato lo scontro (anche tra veterinari) sull'entità del danno, per alcuni non tale da privare due Contrade di presentarsi al canape la sera del 2 luglio. L’esordio di Bircolotti sul verrocchio è stato sfortunato (?): si è assistito a un Palio a eliminazione. Una specie di giallo che ha portato ad assistere ad un corsa che somigliava molto a uno di quei sogni/incubi che talvolta ci tormentano; ne è seguita l’esplosione di polemiche che ha coinvolto tutti: Capitani, fantini, Sindaco, Veterinari e Mossiere. Per la prima volta nella storia recente si è assistito ad una corsa con solo sei barberi avente più cause: esenzioni alle stalle, cadute al canape, contatto troppo affettuoso tra un cavallo e il verrocchino, cui si è aggiunta la scelta, non suffragata dalla tradizione né dal Regolamento, di assegnare “d’ufficio” il ruolo di rincorsa ad una Contrada che doveva rimanere dentro i canapi. Un disastro che a più d’uno ha fatto dire che si era toccato il fondo decretando la fine del diritto di ritenersi la festa più bella del mondo.

A seguito di oltre un mese di discussioni si è auspicato che venisse ritrovato il buonsenso e il legame con le tradizioni. Non sono mancati inviti a rileggere le disposizioni regolamentari nel loro insieme, né pressioni dei contradaioli e dei media affinché si pensasse più al bene del Palio che agli interessi di parte; invito particolarmente rivolto ai fantini/ proprietari di soggetti.

I primi segnali positivi di un ritorno alla quasi normalità si sono avuti nell’imminenza della tratta d’agosto anche se dominava la preoccupazione che avendo in Campo tre coppie di Contrade avversarie qualche strategia (prima e durante la corsa) avrebbe potuto complicare le cose. Venivano date garanzie sulla presenza dei cavalli già vittoriosi sul Campo o almeno con esperienza maturata. Promesse mantenute: si è quasi rovesciato il rapporto tra cavalli esperti/esordienti rispetto a luglio e si è potuto vivere e concludere un Palio nella tradizione. Avendo per nemico Giove pluvio che dopo mesi di siccità ha pensato bene di iniziare una battaglia con i dipendenti del Comune in termini di bombe d’acqua scaricate sul Campo cui seguivano immediate e perfette ricostruzioni della pista. Alcuni popoli hanno finalmente “saltato” al momento dell’accoppiamento cavallo/Contrada e quasi tutti hanno potuto sperare nella vittoria. Condizione già di per sé indispensabile se si parla di Palio.

Ambrosione forse più fortunato (?) di Bircolotti ha dato mosse più che accettabili fruendo anche di una pace non dichiarata tra le avversarie. Ciascuna ha accettato il posto che la “fiasca” gli aveva assegnato, facendo prevalere la filosofia secondo la quale “tiro ad andar via perché se vinco io ho già danneggiato l’avversaria e quindi non vado a cercarla”. Non sono certo il solo a dire che essendo il Palio, per antonomasia, una giostra, evitare per scelta o per paura di punizioni, di comportarsi alla partenza in maniera difforme da quanto nei secoli viene fatto, accresce il rischio di ingessare ancora di più la nostra Festa. La sana rivalità deve esprimersi come tradizione vuole e non ci può essere la mannaia della giustizia paliesca per la quale (è una mia fissazione, è vero…) si aspetta vanamente da decenni un'indispensabile equità e moderazione. Altrimenti la logica conseguenza sarebbe davvero quella di somigliare troppo alla corse all’ippodromo e potrebbe venir meno perfino la “faziosa armonia”. A quel punto avremo fatto la felicità dei nostri tanti nemici: se sparisce l’anima del Palio si può davvero correre anche con le biciclette!

Doveroso dire che dopo il “buio” della corsa di luglio si è riaperto uno spiraglio ad agosto, ma certo non ci possiamo dichiarare fuori da vizi e pericoli.

Fine dell’analisi dello stato dell’arte. Circola grande insoddisfazione e non solo perché, tutti, ci siamo persi quattro carriere ma perché ci sono rischi sul futuro se certe storture non verranno subito rimosse, almeno quelle che sono nelle possibilità delle diverse componenti; per far questo occorre la volontà e il fattivo apporto di tutte le parti in causa.

Partiamo dai fantini; non ripeterò cose ormai acclarate circa il loro accresciuto potere quanto alla possibilità di condizionare i Capitani. Oggi è il fantino che sceglie la Contrada e che vorrebbe addirittura gestire i cosiddetti partiti. Basta leggere le dichiarazioni prePalio in cui si elencano le Contrade su cui essi potrebbero “montare”; questo collide con le strategie che ogni Capitano ha il diritto di attuare e ne limita, o la esclude, la segretezza. Ci sono poi accordi tra fantini che potrebbero vanificare quelli, istituzionali, tra Contrade. Si ha la sensazione che più che per il giubbetto per il quale corrono, talvolta i fantini aspettino la Piazza per facilitare l’amico e vendicarsi del nemico: sentimenti maturati al di fuori di Siena.

I due Palii del 2022 hanno evidenziato ciò che si temeva dopo la scomparsa di Andrea Mari: esiste un monopolio (al massimo un duopolio con qualche comprimario) che disequilibra la Festa. Purtroppo le nuove leve stentano a farsi vedere; vincono quasi sempre gli stessi e chi vince è favorito, in seguito, per montare i cavalli più forti. Il tutto è facilitato dalla scelta di limitare la presenza dei cavalli di prima fascia.(vedi Luglio) cosicché la nuova generazione dei fantini tarda ad affermarsi.

Non a caso non va più di moda il fantino di Contrada perché il fatto di non avere legami facilita la scelta del cavallo più ambito non dovendo, poi, rispettare le volontà del “datore di lavoro” e quindi essere aperti a quasi tutte le consorelle.

È difficile bloccare questo meccanismo specie se i Capitani continueranno a seguire i consigli interessati dei fantini migliori: per loro meno numerosi saranno i soggetti in grado di vincere e più difficile sarà l’affermazione della nuova generazione di fantini. I quali debbono velocemente migliorare la loro professionalità e imparare a gestirsi in autonomia, pena fare il gregario a vita!

L’altro quesito che ci siamo posti nel dopo Palio è se sia giusto penalizzare i proprietari che iscrivono soggetti al protocollo e addirittura alle previsite e poi lasciano i soggetti nelle stalle, magari facendoli partecipare ad altre corse (questo il loro nome) nel resto d’Italia. Qualcuno di loro si giustifica dicendo che Siena – a differenza del passato – non riconosce rimborsi per i cavalli prescelti e quindi c’è la necessità di ricercare ingaggi. Altri dichiarano che “portare il cavallo in Piazza deve essere un onore; non serve altro”. Senza entrare nelle loro tasche, questa sembra la scelta giusta. Di sicuro una revisione delle regole si impone; magari non basterà ma il rispetto della Festa merita un intervento in difesa.

Il Palio di luglio ha fatto pensare che certe esclusioni dalla corsa per infortuni, che si sono poi rivelati di poca entità, possano essere state influenzate dal timore che i soggetti, correndo, subissero danni più gravi; non solo per la tutela del cavallo ma per evitare i rischi connessi alla ormai ricorrente “attenzione” dei cosiddetti animalisti. Allontaniamo i presunti sensi di colpa perché per i nostri amati cavalli abbiamo fatto più del possibile; sempre aperti a migliorare il migliorabile. Solo pensare che eliminando dalla corsa soggetti che subiscono piccoli traumi possa tacitare la voce, ormai sfuocata, di chi si reputa l’unico avente diritto alla loro difesa significa ammettere di aver sbagliato tutto fino ad oggi e riconoscere nostre (inesistenti) colpe. Con le evidenti conseguenze che subiremmo.

Nell’ormai prossimo inverno non disperdiamo il valore del dibattito che si è sviluppato dopo Luglio su quanto accaduto e soprattutto su quanto vogliamo fare affinché certi eventi non si ripetano. Inventiamoci convegni, tavoli di lavoro, dibattiti televisivi aperti al pubblico, assemblee nelle Contrade con un ordine del giorno comune alla ricerca dei correttivi necessari, ma lavoriamo tutti insieme offrendo soluzioni intelligenti e fattibili a chi ha il dovere di vigilare e regolamentare affinché il Palio non subisca ulteriori ferite alla propria dignità: per rispetto di chi ci ha tramandato un bene così prezioso e per non ritrovarsi, stupiti, a commentare di nuovo come tre mesi fa: “così si uccide un sogno, così si mortifica l’anima del nostro Palio”.