Abbiamo un po’ tutti un’aria vagamente sciroccata, in questi giorni. Si appresta il Natale (stiamo scrivendo nel giorno della non-festa di Santa Lucia, che, di norma, almeno da noi che non celebriamo San Nicola, è l’ouverture delle feste di fine anno) e ancora non s’è capito di che morte si muore.

Abbiamo capito, questo sì, che, in Toscana, il rilassamento da zona gialla ce lo sogniamo proprio. Arancioni siamo e arancioni restiamo, anche se, a livello nazionale, a ogni ora parte un treno: si riapre, no non si riapre; blindati il 25, 26 e Capodanno, no si cerca il modo di  esser flessibili; si può fare, no non si può fare; a Natale puoi, no a Natale non puoi un bel niente.

Il che non contribuisce a rasserenare gli animi: vivere una situazione di crisi come questa, gestita in maniera tanto incerta non è piacevole. Sì, lo sappiamo bene che le soluzioni ideali non ci sono, ma l’impressione che l’emergenza sia ormai declinata come un non saper dove mettere le mani si affaccia con sempre più sgradevole frequenza. Che, aspettando la seconda (e assolutamente prevedibile e prevista) ondata, si sia buttato via tempo e non si sia compicciato granché è, anch’essa, sensazione che sta trascolorando sempre di più a livello di consapevolezza. Detto in soldoni, ci sentiamo sempre più abbandonati in balìa degli eventi, oltretutto, in una prospettiva (quale è quella che si sta affacciando in questi giorni) di possibile crisi governativa e, di conseguenza, di indebolimento delle risposte e dell’elaborazione di strumenti per far fronte alla contingenza.

Viene quasi voglia di urlare alla nostra classe politica l’immortale frase che il comandante De Falco buttò in faccia a capitan Schettino. Risalite a bordo! Cazzo! Prendetevi il lusso di fare quello per cui vi abbiamo mandato in Parlamento e al Governo: studiare i modi condivisibili per aiutarci a reggere queste circostanze drammatiche, con poco meno di mille morti al giorno, con un’Europa che ci guarda sgomenta e sogghignante per la nostra irrimediabile goffaggine. Trovate i sistemi di accordo fra voi; fate delle scelte. E applicatele.

Perché questo stato di balbettante incertezza e di indefinita angoscia contribuisce in modo esiziale a toglierci lo spirito di resistenza, già, per parte sua, gravemente minato dalla presa d’atto di un equivoco tremendo nel quale ci eravamo cullati. Le generazioni che oggi hanno più di settant’anni e che non hanno conosciuto la guerra avevano inconsciamente sviluppato l’ottimistica sensazione di aver schivato e di poter schivare anche per il futuro le catastrofi planetarie. Il conflitto mondiale era alle loro spalle, avevano vissuto il boom economico, vivevano dalla parte fortunata del mondo.

Ora, la pandemia ci ha riportato bruscamente con i piedi per terra e ci ha sbattuto in faccia la fine dell’illusione: ce n’era anche per noi, e quel che c’era non era (non è) per niente bello.  Ci ha sbeffeggiato nel muso un “Ci avevate creduto, eh! bischeri!”.

Si capisce che suoni grottesca la gazzarra su cenone sì, cenone no; Natale allargato, Natale in clausura. E grottesca lo è, indubbiamente, ma è anche, al tempo stesso, un desiderio di stabilità, elaborato e metaforizzato attraverso il disperato tentativo di discutere su cose che (anche per resistere mentalmente) sono state promosse, sia pure di contrabbando, a obiettivi strategici. Chissenefrega del panettone, certo, ma sapere se poterlo condividere o meno con altri e sapere quali sono le intoccabili ragioni per il sì o per il no è, di per sé, un modo per rispondere alla desiderata costruzione di certezze.

In questo contesto, può far sorridere, per quel che riguarda la nostra comunità, la notizia (di sabato) dell’elaborazione del Protocollo dei cavalli 2021 (anno in cui, si sa chiaramente, non ci sarà, nemmeno questa volta, il Palio) e del calendario delle corse. In parte è la risposta funzionale all’esigenza di non lasciar andare alla deriva un settore cruciale della vita cittadina come questo. In parte è una citazione, o, se preferite, un’ulteriore invocazione di ritorno alla normalità.

Quella normalità che, invece, ogni giorno che passa, sempre di più “come parvenza vana, si tinge dell’azzurro color di lontananza”. Questo è Guido Gozzano. Pensate in che pezze siamo!