Restano bel poche cose di quello che fu l’antico castello di Crevole e che ai tempi del suo massimo splendore era considerato inespugnabile. Esso era formato da una rocca circondata da almeno due perimetri di mura, da un borgo sottostante e dalla Pieve di Santa Cecilia. Oggi fortunatamente rimangono ancora piedi e in buono stato parte dell’abitato e la chiesa, mentre della struttura difensiva solo una grande torre e parti di mura medievali staccate tra di loro.

Della Pieve di Crevole (Creole) si parla già in una Bolla di papa Clemente III datata 1189, dunque, pur non conoscendo l’anno esatto della fondazione di questa chiesa, sappiamo che era anteriore al documento citato. La sua fama si deve soprattutto al dipinto di Duccio di Boninsegna che qui fu rinvenuto e che oggi porta il nome di “Madonna di Crevole”. Sulla base di alcune ricerche sappiamo che questa tavola era stata realizzata per la chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Montepescini, poi era passata agli eremiti agostiniani di Montespecchio ed infine giunse a Crevole nel XVII secolo. Furono proprio questi monaci, quando il loro convento venne soppresso, a trasferirsi nella Pieve di S. Cecilia.

 

Madonna di Crevole

 

Occorre ricordare che già a partire dal XII secolo, tutta l’area dell’attuale Comune di Murlo era diventata Feudo Vescovile (detto anche Vescovado di Murlo) e in questo territorio i vescovi senesi esercitarono una vera e propria Signoria, che durò dal 1189 al 1778 (circa sei secoli).

La rocca infatti fu fortificata intorno agli anni Venti del XIV secolo (1320-1330) dal Vescovo di Siena Donusdeo Malavolti e dentro a questo castello si conservavano molte antiche carte (libri, Bolle Papali, atti notarili ecc..), tanto che molti eruditi senesi sostennero si trattasse della vera e propria biblioteca vescovile, o comunque il luogo dove preservare le copie di tutti i documenti originali.

Con la distruzione del 1554 e l’atterramento definitivo del castello tutto ciò andò presumibilmente perso. Agganciandosi a questo avvenimento fu creata una leggenda di successo secondo la quale il fantasma del vescovo Malavolti ancora si aggirerebbe per i boschi di Crevole con occhi di fuoco e impugnando una grossa croce. Sempre lo stesso prelato, a cavallo del suo destriero e con altri suoi soldati, si manifesterebbe ogni qualvolta qualcuno cerchi di scavare tra i ruderi della rocca per prendersi quel tesoro di documenti a lui particolarmente caro.

 

Ruderi del Castello di Crevole

 

Si racconta anche, per infarcire la storia, che Donusdeo Malavolti fosse morto in battaglia proprio per difendere il Castello di Crevole e che nelle notti di luna piena si sentano da quelle parti le urla e le grida di quello scontro.

Ora però, sebbene come uomini siamo assai affascinati dalle leggende, come studiosi dobbiamo almeno correggere gli errori della narrazione.

Donusdeo Malavolti, a cui si deve senza dubbio la fortificazione di Crevole, fu effettivamente vescovo di Siena dal 23 maggio 1317 al dicembre 1350 (mese ed anno del decesso), ma non morì in nessuna battaglia, bensì nel suo letto, dopo aver fatto testamento ed elargito denari ad una moltitudine di chiese e monasteri di Siena.    

La prima devastazione delle mura (sebbene parziale) avvenne nel 1380 ad opera dei fuoriusciti ghibellini di Siena, ma l’avvenimento che determinò la vera distruzione del castello accadde durante la cosiddetta “guerra di Siena” (1552-1555).

Nel novembre del 1554 infatti le milizie imperiali (ispaniche e medicee) comandate dal Marchese di Marignano posero l’assedio alla fortezza di Crevole. Le ostilità cominciarono l’11 novembre, ma il fango e la pioggia impedirono gli assalti dei tremila soldati del Marignano ed anche gli otto cannoni che continuamente bombardarono Crevole non riuscirono a piegarla.

Dopo tre giorni, i cannoni furono spostati con gli argani in cima ad un poggio più alto (detto La Cucculeggia) dal quale si domina il forte, rendendone più efficace l’azione. Il 16 novembre, Crevole, difesa dal vicentino Giulio di Thiene a capo di trecento fanti, si arrese: trecentocinquanta colpi erano stati sparati contro la rocca. L’anno successivo, quando ormai Siena era caduta ed i superstiti si erano riorganizzati a Montalcino, Crevole venne ripresa dai francesi, alleati dei senesi, e poi subito dopo, nel settembre, fu di nuovo assediata dagli imperiali del conte Sforza che la smantellarono definitivamente.

Da allora la rocca non fu più ricostruita ed il materiale riusato per altre opere. Il diruto castello, ancora di proprietà del Vescovo di Siena, subì numerosi furti di pietre e mattoni e nonostante il divieto e le pene che i vari vescovi di Siena, successori di Donosdeo, avevano posto sopra di esso, le ruberie non si arrestarono. Numerosi furono i processi ai cosiddetti “ladri di pietre” ma, nonostante qualche condanna il depredamento continuò per secoli tanto che si crede, a buon ragione, che almeno la metà delle rovine di Crevole siano state portate via dal loro luogo originario.

Alcune grandi pietre furono addirittura utilizzate per il rifacimento del ponte sull’omonimo torrente crollato per i bombardamenti della Seconda guerra mondiale e che si possono ancora vedere percorrendo la strada asfaltata da Murlo a Casciano.

Nel sito del castello infine furono effettuati piccoli restauri per mettere in sicurezza alcune muraglie e la grande torre, ma anche scavi. Non è mai emerso nulla della leggendaria biblioteca del Malavolti, ma si ipotizza che effettivamente possa essere sepolta nei grandi spazi ancora interrati del castello, i quali non sono mai stati esplorati per la difficoltà ed il costo che tale operazione comporterebbe.