Quello che adesso è soltanto un bellissimo podere, tempo fu l’antichissima chiesa di San Donnino, collocata su di un poggio ai piedi del quale scorre da una parte il Torrente Sorra e dall’ altra la Fusola suo tributario.

In realtà l’attuale podere, nonostante mostri caratteristici segni architettonici medievali (come le cosiddette “scarpe” in entrambi i lati), secondo la tradizione popolare ed orale degli abitanti della zona, non corrisponderebbe all’antica chiesa che invece sarebbe stata ubicata in un poggetto di fronte ad esso con il corrispondente cimitero. Su questo sito si vedevano ancora fino a una trentina di anni fa tracce delle fondamenta di quello che doveva essere l’edificio religioso.

Anche Don Merlotti, autorevole conoscitore della storia delle parrocchie suburbane, scrisse nel 1881 che questa chiesa era in prossimità del podere, ma nessuno lo sa con certezza e potrebbe invece, con il tempo, essere stata inglobata dal Podere stesso, visto che nei lavori di restauro del predetto sono emersi elementi architettonici come preselle e giganteschi archi che potrebbero avvalorare questa nuova ipotesi.

D’altronde, l’assorbimento e la trasformazione di questi edifici di culto in poderi rurali è stata una costante in tutta questa zona. Così è infatti accaduto per le vicinissime chiese di S. Lucia (oggi podere S. Lucia) e Palmolaia.

La chiesa di San Donnino a Sorra compare per la prima volta in un documento nell’agosto del 1071 (Legato Bichi Borghesi), quando venne donata, assieme a molte terre presso il fiume Surra al Monastero senese di Montecelso e per esso alla sua “Abbadessa”. Altri documenti testimoniano questo edificio negli anni 1079-1100, ma bisogna arrivare al 1193 per saperne qualcosa di più. In quest’anno infatti il Santa Maria della Scala di Siena, tramite Incontrato di Giovanni Incontrato, riceve in donazione alcuni terreni in questa località e nello stesso atto, egli cederà anche il giuspatronato che aveva sulla chiesa medesima. Questo personaggio poco dopo divenne il Rettore dello stesso ente ospedaliero oggetto della donazione.

Nel 1210 tali Vivolo e suo figlio Geranio venderono alcuni pezzi di terra a S. Donnino al nuovo Rettore del Santa Maria della Scala (Vinceguerra).

Altre pergamene (1212, 1213, 1219,1253) parlano di San Donnino come luogo abitato e nella Tavola delle Possessioni del 1318 la Chiesa di S. Donnino risulta essere di proprietà della vicina Pieve di Corsano e quindi dei Canonici del Duomo.

Ma S. Donnino fu anche sede di comunità poiché nel 1334 era tenuta a pagare a Siena la sua parte del “pallio” per Santa Maria d’Agosto ed a corrispondere per quell’anno “1 cero di peso libre 2 et once 2 di cera per i fiori”.

Nel 1350 il Pievano di Corsano, Don Deo di Francesco Malavolti, canonico senese, diede in affitto per tre anni la Pieve stessa ed i suoi beni a Don Giovanni de’ Sinigaldi di Arezzo. Il prezzo stabilito per il nuovo Pievano fu di ottanta fiorini d’oro annui da corrispondere ogni festa di Tutti i Santi. Quindi, assegnò ad esso tutte le terre, possessioni, poderi, case, vigne, e decime con ogni altro provento, compresa la chiesa di San Donnino con i terreni da essa posseduti.

Don Giovanni però, si assunse l’onere di mantenere Cappellani e “Cherici” in ambedue le chiese (Corsano e San Donnino), per assolvere “bene” il servizio spirituale dei due popoli.

Nel 1437 la chiesa apparteneva ancora ai canonici della Cattedrale di Siena, gli stessi che in quell’anno commissionarono a Jacopo della Quercia un bassorilievo raffigurante “La Madonna col Bambino”, S. Antonio Abate e il Cardinale Casini.

A causa dei lavori di modifica fatti alla cattedrale di Siena tra il 1475 e il 1513, quando cioè il Pinturicchio fece demolire l’altare del Duomo per collegare la cattedrale alla libreria Piccolomini, questo bassorilievo fu rimosso, trasferito e collocato nella chiesa di San Donnino, che era, come abbiamo detto, degli stessi canonici.

Nel 1584 questo piccolo edificio di culto era già in fase di decadenza e la messa vi si celebrava solo nei giorni festivi dal pievano di Corsano (prima Clemente e poi Emilio Ugurgieri), quindi non aveva più un parroco fisso. La mancanza di un prete permanente fu evidenziata anche dalla cronaca di una visita del Cardinale Tarugi nel 1598. Ulteriori visite apostoliche del 1602 (sempre Tarugi) e 1604 (Rev. Marzocchi), confermano le precarie condizioni dell’edificio religioso. Nel 1692 il Podere accanto alla chiesa risultava appartenere al Cavalier Buonsignori, ma la chiesetta era ancora della Mensa di Siena.

Nel 1815 Niccolò Buonsignori chiese di poter acquistare la chiesetta in quanto confinante e proprietario del podere accanto alla suddetta. La richiesta fu inoltrata al Vescovo tramite il Pievano di Corsano, ma la proprietà interessava al contempo anche la famiglia Sansedoni.

Alla fine del 1800 la famiglia Buonsignori era proprietaria sia del podere che della chiesa (ora detta Cappelletta) e la celebre lunetta di Jacopo della Quercia sembra trovarsi ancora al suo interno. 

Agli inizi del 1900 l’opera scomparve misteriosamente, probabilmente trafugata, ma fu poi ritrovata in una collezione privata nel 1972 (articolo sul Corriere della Sera del 27/09/1972, a firma di C. Brandi) e definitivamente collocata nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena.