Ci eravamo lasciati con il nostro tenente Fabio Dogarelli che fuggiva per le campagne aretine inseguito dalla gendarmeria toscana e che aveva brillantemente fatto credere in un’imminente insurrezione fiorentina. L’importanza di questo patriota ascianese, fino a pochi anni fa sconosciuto, fu in quei giorni imprtantissima.

Lo dimostrano gli atti ed i rapporti redatti sugli spostamenti di Fabio Dogarelli, costantemente monitorati dal Ministero degli Interni, che riportano i numerosi tentativi di cattura organizzati dal governo toscano nei riguardi del garibaldino. Tentativi andati ripetutamente a vuoto ma che pongono ancora oggi in risalto una vicenda che presso il governo toscano era diventata allora una assoluta priorità. Il continuo rincorrersi di notizie, in quei caldi giorni del luglio 1849, evidenziano un vero e proprio “caso Dogarelli”.

Scriveva infatti il Ministro degli Interni al Sottoprefetto di Montepulciano il giorno 28 luglio, riferendosi al fatto avvenuto due giorni prima:

«Mercoledì comparve qua, nella villa della signora Angiola Casuccini, il signor Fabio Dogarelli, nativo di Asciano, Aiutante e Capitano del Generale Garibaldi. Nella notte del Giovedì fu fatta la perquisizione della Polizia, ma non vi fu trovato, essendone partito poche ore avanti. Di qui, per strade traverse, dal fattore Giovanni Mirri e dal signor Giuseppe Ghezzi, fu fatto in casa del signor Alessandro Ghezzi. Tanto qui in casa del signor Sebastiano Ghezzi dove pure andò, accennò e manifestò lo scopo del suo viaggio, ed il desiderio che aveva di raggiungere il suo Generale per rendergli conto della sua missione. Disse dunque, che giunto verso Montepulciano, gli fu da lui ordinato di andare a Siena, quindi a Firenze per organizzarvi una congiura contro i tedeschi, e quindi contro l’attuale Governo; che era riuscito nell’intento, poiché oltre alle molte migliaia di cittadini, aveva indotto nella congiura anche da sette in ottocento ungheresi, la maggior parte di cavalleria..”

Anche dal contenuto di un’altra missiva inviata al Ministro dell’Interno possiamo dedurre quanto fosse forte in quel momento la volontà di bloccare il “complotto” ordito dal Dogarelli e di conoscere l’attendibilità delle notizie che giungevano:

“…che sia sventato ogni iniquo progetto, e siano raggiunti coloro che possano aver preso parte nelle sediziose macchinazioni delle quali si tratta. La persona, da cui pervengono le notizie è di piena buona fede, quindi merita intera fiducia”.

Come sosteneva anche Ubaldo Morandi nel suo studio sullo sconfinamento di Garibaldi in Toscana, “uno di questi tentativi influì considerevolmente a distogliere le forze austriache, permettendo a Garibaldi di ritirarsi dalla Toscana per la Via di San Marino. Questa sorta di tranello fu teso proprio dal Capitano di Garibaldi Fabio Dogarelli, ascianese, con indubbio successo”.

Grazie al Dogarelli le camicie rosse si erano portate senza particolari ostacoli in terra aretina per poi proseguire verso San Marino. In seguito Fabio Dogarelli dovette comunque rendere conto alla giustizia toscana dei fatti di quei giorni ed ebbe a patire un processo:

“Si dà debito a questo Uomo non solo di avere preso ingaggio con Potenza estera, ma più (ricoprendo il posto di Capitano di Stato Maggiore in quel Corpo di Briganti) di essere uno esploratore fido di Garibaldi fino ad essere, nella notte del 20 Luglio, venuto in Asciano, barattate le vesti d’ufficiale con altre di Paesano, con queste essersi portato alla Pieve a Presciano, Pretura di Montevarchi, ove ha notizia questo Tribunale essere comparso di fatto, avendovi una zia, Sig.ra N. vedova Casuccini, come mi consta da Responsiva del Vicario Regio di S. Giovanni de’ 28 luglio detto che mi dà conto essere stato ineseguibile il suo arresto…”.

Comunque sia andata poi, il Dogarelli a breve tornò ad esercitare la professione e a gestire le proprietà terriere del padre, quelle che dopo aver impugnato il testamento, gli furono restituite. Morì in circostanze misteriose assassinato con un fucile da caccia e la sua storia è stata recentemente riscoperta grazie ad una epigrafe ricomparsa in Asciano dove il suo nome compare a fianco dei molti ascianesi che avevano partecipato alle patrie battaglie.

Questa ed altre storie fanno parte di un recente  libro firmato da me e Gianni Resti dal titolo “Non cìè cor che non batta per te”, Primamedia Editrice.