Ci eravamo lasciati la scorsa puntata con Garibaldi ed il nostro Fabio Dogarelli in fuga da Roma ed accampati con le altre camicie rosse in quel di Montepulciano. 

Lo stato toscano non aveva dato il lasciapassare ai garibaldini e anzi, aveva permesso alle truppe austriache di poter entrare nella nostra regione e venirseli a prendere.

La colonna di Garibaldi contava circa quattromila volontari e per le truppe granducali non sarebbe stato facile scontrarcisi faccia a faccia, quindi continuavano a spiarne le mosse senza intervenire.  

Dal momento in cui Garibaldi decise di attraversare con le sue truppe alcuni paesi della Val di Chiana, dalla “Sottoprefettura” di Montepulciano cominciarono ad essere inviati puntuali rapporti a Firenze. Con queste missive si dava conto sullo stato delle cose per sostanziare il numero effettivo delle camicie rosse e la quantità dei loro armamenti (fucili, cavalli e scorte):

“.. sono stati riscontrati in numero 373 formati di tre, quattro, cinque e dieci l’uno; e così potrà calcolarsi la truppa a 3500 o 3600. La cavalleria non oltrepassa i duecento individui; un piccolo pezzo di artiglieria. Non vi sono cariaggi, e le munizioni caricate sopra i muli e cavalli in numero di cinquanta”.  

Le vicende di Fabio Dogarelli si intrecciarono in quei giorni con le gesta di Giuseppe Garibaldi. Gli austriaci avevano deciso di muoversi con due eserciti, il primo proveniente da nord e pronto ad entrare in Val d’Arno, il secondo proveniente da Siena e diretto verso la Cassia e il paese di Buonconvento. 

Con un diversivo degno delle migliori azioni di spionaggio, Fabio Dogarelli decise di eludere l’attenzione delle truppe austriache dalle armate di Garibaldi. Mentre i garibaldini erano in sosta a Sarteano, Dogarelli si allontanò dalla Colonna per andare a compiere una missione importante in una zona della Val di Chiana che conosceva bene. Con il giovane patriota ascianese in fuga, Garibaldi prese ad inviare alcune pattuglie di camicie rosse a destra e a manca con il preciso intento di confondere gli austriaci ed attirare il nemico su strade sbagliate, il più lontano possibile dal Dogarelli.

Come accade oggi per gli avvenimenti importanti, i giornali dell’epoca avevano seguito con evidente concitazione le notizie relative all’ingresso di Garibaldi in Toscana. Ogni giorno offrivano ai loro lettori una cronaca abbastanza fedele degli stessi avvenimenti, anche se pubblicata con un paio di giorni di ritardo. 

Nel frattempo le due colonne austriache che avevano ricevuto l’ordine di stringere “a morsa” Garibaldi, erano arrivate in ritardo nella zona dove si era accampato.

Questo ritardo permise al generale di spostarsi verso Arezzo.

Alla colonna militare austriaca proveniente da Buonconvento e guidata dal Generale Stadion, non rimase altro che accamparsi, la sera del 23 luglio in Asciano, il paese di Fabio Dogarelli.

E proprio il tenete ascianese assunse adesso un ruolo importantissimo e forse decisivo su tutta la vicenda militare. Secondo le cronache di fine luglio 1846, dopo essersi allontanato dai garibaldini, Fabio Dogarelli si sarebbe recato ad Asciano durante la notte.  Raggiunto il paese, avrebbe fatto subito leva su una fitta rete di amicizie locali e dopo essersi cambiato d’abiti per non essere riconosciuto, avrebbe addirittura preso contatti con alcuni agenti di “altre nazioni” per accordarsi sulla presunta organizzazione di un’ insurrezione che avrebbe rovesciato lo Stato Toscano. 

Questo è ciò che credettero gli emissari granducali nei riguardi del patriota ascianese, i quali affidandosi ai delatori dei luoghi pronti a raccogliere notizie da alcuni loro informatori intorno agli spostamenti del Dogarelli , avrebbero voluto scoprire quanto prima le intenzioni del giovane ed arrestarlo immediatamente. 

Ma il Dogarelli, dopo la breve sosta in Asciano, prese invece la direzione del Val d’Arno, recandosi precisamente alla Pieve di Presciano, (Pergine Valdarno), località nella quale abitavano la zia di Dogarelli e l’amico Giuseppe Ghezzi, compagno d’arme di Dogarelli nella battaglia combattuta l’anno precedente a Curtatone e Montanara. A Pieve a Presciano Fabio Dogarelli incontrò alcuni amici repubblicani e gli comunicò il proprio piano di azione. Subito dopo, anche con l’aiuto della famiglia Ghezzi, si dileguò per strade di campagna. Non sapremo mai se la missione affidata da Garibaldi a Fabio Dogarelli sia stata quella di organizzare effettivamente un colpo di Stato. Certamente l’azione portata avanti dall’ascianese aveva l’obiettivo di depistare i soldati austriaci e la stessa polizia toscana. Dogarelli riuscì ad attirare l’attenzione su di sé in modo da allontanare la corsa del nemico verso la Colonna Garibaldina.

Venerdì prossimo la terza e ultima puntata.