Nei pressi di Isola d’Arbia, ma sulla sponda opposta del torrente omonimo, quindi nel Comune di Asciano, si intravedono ancora i resti di quella che fu l’antica Canonica di Santa Maria di Salteano.

Il più antico documento che la attesta risale al 1186 quando era officiata da tale Don Bruno o Brunone. Sei anni dopo abbiamo la certezza della sua esistenza perché compare pure nell’elenco di quelle chiese della Diocesi senese indicate nel “Liber Census” di Cencio Camerario (anno 1192).  Da sempre indicata come Canonica, quindi presidiata da più clerici, fu sicuramente una delle più importanti della zona, tanto che il loro priore aveva diritto di nomina anche su alcune chiese circonvicine come ad esempio quella di S. Ilario ad Isola d’Arbia. Nei primi decenni del 1200 sembra che da semplice canonica si sia ingrandita fino a diventare una piccola Badia ed entrare a far parte della galassia vallombrosana che a Siena e dintorni possedeva moltissimi beni a partire da quelli in città che facevano capo all’Abbazia nel poggio di San Donato (oggi chiesa in piazza dell’Abbadia).

In alcuni documenti di questo periodo viene nominata come “Badia della Santissima Trinità di Saltiano”. È infatti innegabile e testimoniato ampiamente il suo rapporto con l’altra vicinissima Abbazia di Alfiano, situata sulla collina di Ruffolo, anch’essa vallombrosana e anch’essa titolata alla Santissima Trinità. Una Badia dunque ed una Canonica, forse ad essa assoggettata, intitolate entrambe nello stesso modo e a pochissima distanza l’una dall’altra (2/3 Km). Ricordiamo che la Santissima Trinità veniva spesso raffigurata con il simbolo del “Triangolo”. Non a caso dunque questo simbolo geometrico lo ritroviamo sia nella facciata di Badia di Alfiano, detta oggi Badia a Ruffolo, che nell’antica Canonica di Salteano.

Secondo le carte della Badia di Coltibuono (Ordine Vallombrosano), nel 1275, il suo Priore era Don Cristoforo Tolomei e qui emerge un altro importantissimo legame: quello con la chiesa senese di San Cristoforo (oggi visibile in piazza Tolomei).

Fu questa una delle più importanti chiese della città ed appannaggio della famiglia Tolomei, tanto che molti dei suoi rettori provenivano da questa famiglia.

Nel 1283, dopo la morte di Ventura (arciprete di Chiusi), personaggio incaricato di raccogliere le Decime per la Terra Santa, il papa Martino V nominò proprio un Tolomei come nuovo collettore dei tributi per le aree di Lombardia, Marca di Treviso, patriarcati di Aquileia e Grado e Arcidiocesi di Genova. Da questi documenti tale Cristoforo Tolomei risultava priore della Canonica di Salteano ed anche rettore della Chiesa di San Cristoforo nonché cappellano del Papa stesso. E lo era ancora nel 1289: “Domino Christophoro de Tolomeis, Priore Saltiano, domini Pape capelano, collectore decime terre sancte e negotiis regni Cicilie deputato”

Le due chiese erano ancora legate tra di loro una decina di anni dopo e precisamente nel 1298 quando il Papa Bonifacio VIII, dopo la morte di Cristoforo Tolomei, conferì la chiesa di S. Cristoforo e quella di Salteano a Meo di Petruccio Tolomei.

Nel 1308 abbiamo notizia che un altro Tolomei, Rinaldo, era priore de Saltiano.

Ma se sulla Canonica di Salteano ci fu per decenni una grande influenza dei Tolomei, nello stesso Borgo vi era anche la “longa manu” di un’altra facoltosa famiglia: quella dei Menghi.

Ristoro di Giunta Menghi (per alcuni di Menco) fu innanzitutto un Cavaliere di San Giovanni o, se preferite, degli “Ospitalieri”. Ristoro, assieme al fratello Guidone, aveva enormi possedimenti a Salteano, ma anche nelle vicine Isola d’Arbia, Tressa, Cuna e Monteroni. Sue molte delle terre adiacenti al torrente Arbia, zone assai paludose dette “lame” o “paduli”, specie nel piano che ora può essere individuato tra Tressa ed Isola. Queste terre, già ampiamente bonificate alla fine del 1200, confinavano con l’ampia proprietà dei Cistercensi di San Galgano che qui avevano una delle loro “grancie”. 
Ristoro di Giunta, nel 1294 divenne Rettore dello Spedale Santa Maria della Scala di Siena e nel 1295, alla morte del fratello Guidone, cedette per denaro molti suoi beni a Bernardino Piccolomini. Tra i beni venduti c’erano le case di Salteano e di Isola.

Tra i poderi dell’odierno borgo di Salteano (oggi conosciuto come azienda agricola), alcuni di essi mantengono toponimi che ci riportano indietro con la memoria come Santa Maria, La Canonica e Ristoro, l’ultimo dei quali, mi piace immaginare sia collegato proprio a Ristoro di Giunta.

Ai giorni nostri però, non rimangono solo alcuni antichi caseggiati (molti dei quali sono stati recentemente restaurati), ma anche parte della chiesa-torre (che fu bruciata nel 1554), con alcuni tratti ancora originali, come la scala che sale nella torre stessa, il portale medievale di accesso alla medesima e la parte nord del vecchio edificio sacro. Su quest’ultima ci sono ben tre pietre che ne ricordano l’origine religiosa e che ci confermano dove fosse la vecchia Canonica di Santa Maria. Una di esse riporta una data ed alcune parole che, anche se non del tutto decifrate, danno da intendere senza ombra di dubbio che si riferissero o all’anno di costruzione o a quello di un suo rifacimento.
Le parole che sono riuscito a decifrare sono “PRESBITERUM…..VIT DE HOC SECULO M…”. Le lettere dopo all’anno Mille non riesco a metterle bene a fuoco. Un’altra pietra, sulla stessa parete ha una scritta indecifrabile preceduta da un triangolo equilatero che sicuramente indicava la “Santissima Trinità”. Una terza pietra infine è molto bella e ricca di decorazioni tra cui spicca il noto “fiore della vita”, molto utilizzato nello stile romanico, ma già presente e conosciuto anche in epoca longobarda.