La chiesa della quale tratteremo oggi, pur piccole di dimensioni, ha una storia straordinaria ma purtroppo è in completo stato di abbandono ed ha subito negli ultimi decenni ogni genere di furto. In particolare, è stato asportato l’intero portale in pietra e lo stemma sovrastante. Dall’unica sbiadita foto che rimane possiamo certificare l’esistenza di due facce scolpite poste nell’architrave. I due visi umani, molto spigolosi, ricordano alcuni capitelli del periodo longobardo rinvenuti in altre chiese senesi e aretine, ma potrebbero risalire anche ad epoca posteriore, sicuramente non oltre il primo secolo del Mille.

Poco altro rimane di quella che fu senz’altro una bella costruzione (successivamente rifatta in cotto), con un’abside semicircolare in stile romanico e l’ingresso rivolto a occidente. Il tetto è ormai franato da tempo assieme al campanile a vela.

La chiesa si trova lungo la strada sterrata che da Colle Malamerenda va a Radi, appena superato il torrente Tressa, nel primo poggio sulla destra della carreggiata, dove una via laterale sale verso quella che fu un tempo (ed ancora oggi porta questo nome), la località di S. Agostino.

Questa via di comunicazione era ben nota già nell’alto medioevo con il nomignolo di “stradella” ed era uno dei collegamenti tra Siena e Vescovado di Murlo passando per Radi di Creta (oggi solo Radi, antico castello dei Placidi).

Se vogliamo collocare S. Agostinello all’interno di un’area, potremmo dire che è compreso in un triangolo che ha i suoi vertici in Colle Malamerenda, la Chiesa di Monsindoli e S. Giorgio (oggi Agriturismo, ma anticamente detto “Troiola”). Ed è proprio della comunità di quello che fu l’antico Comunello della Troiola che già a metà del 1200, S. Agostinello faceva parte.

La chiesa di S. Agostino, detta fin dall’antichità S. Agostinello, o S. Agostino a Tressa, era già esistente nel 1081 e cioè nel 27° anno del regno di Arrigo IV. Ne è testimone un “Privilegio” di quest’anno, datato 3 giugno e concesso al Monastero di S. Eugenio di Siena dal Re sopracitato. Dal documento emerge il nome della nostra chiesa per la prima volta. Arrigo IV infatti confermava con tale atto, le concessioni fatte anche dai suoi predecessori in favore di questo Convento (nato nel 730 in epoca longobarda ad opera di Warnefrit gastaldo regio di Siena) vicino a Costafabbri.

Sembrerebbe addirittura che la chiesa di S. Agostino fosse dentro ad un castello poiché “locum S. Augustini in quo castrum edificatum est”. La sottomissione di questa chiesa al grande monastero senese ci fa conoscere che anche alcune delle chiese circostanti erano sottoposte al medesimo, come la chiesa di S. Pietro a Monsindoli, quella di S. Pietro in Barontoli, quella di Arbiola ecc… Ed il Monastero di Sant’Eugenio esercitò in questa zona ed in particolare sulla piccola chiesa di Sant’Agostino (che era ai tempi una vera e propria parrocchia), un giuspatronato ecclesiastico per tanti secoli ancora. Lo dimostrano infatti alcuni atti successivi come una Bolla papale del 1176 (di Papa Alessandro III in Anagni), un diploma Imperiale del 1185 (Federigo I), un’altra Bolla del 1207 (Papa Innocenzo III) ed altre bolle successive.

La stessa località di S. Agostino doveva essere assai popolosa se nel 1081 era all’interno di una cerchia fortificata, aveva una chiesa parrocchiale ed a metà del 1200 era sede di uno dei cosiddetti “Comunelli” delle Masse senesi (anni 1263/1270).

In un atto di vendita del dicembre 1343, a proposito di un terreno in località Troiola (oggi podere San Giorgio), emerge che tra i confinanti c’è proprio la nostra chiesa di S. Agostino.

Nel maggio del 1422, la chiesa doveva essere ormai in cattivo stato e non curata, tanto che il suo “semplice beneficio” viene conteso tra due parti ed è oggetto di arbitrato. S. Agostinello di Tressa viene contemporaneamente rivendicato sia dall’abate Angelo Grazini del “monasterii sancti Eugenii prope Senas”, sia da tale “Nannes Gabrielis ritaglierius de Senis”. Cinquanta anni dopo sappiamo chi vinse la causa e fu ancora il Monastero di S. Eugenio, poiché un’altra Bolla Papale del giugno 1472 comunica che in quell’anno la chiesa di “S. Augustinello” venne riunita a S. Eugenio a Monistero. Anche dallo spoglio della stessa carta abbiamo la conferma che il nostro piccolo edificio di culto non se la passava tanto bene in quanto veniva definito come “chiesa rurale non curata di S. Augustinello di Tressa”, quindi era senza un parroco fisso.

L’anno successivo anche il Vescovado ufficializza la riunione di S. Augustinello con un atto rogato nella chiesa senese di “San Girolamo de’ poveri Gesuati”.

Tre anni dopo, nel 1476, la chiesa di S. Agostinello, così come la vicina Santa Lucia e Tommaso della Troiola furono riunite sotto la parrocchiale di S. Pietro a Monsindoli. La chiesa, da allora, rimarrà sempre incustodita e semplice beneficio di quella di Monsindoli, entrando, insieme ai poderi circostanti, a far parte del Comunello di Troiola.

Nel 1692 infatti, il sopracitato comunello di Troiola nelle masse, risulta composto da sei poderi ed esattamente dal podere Colombaio del Signor Sani Adriano, dai poderi Case Nuove e Diserto (oggi Deserto) del Santa Maria della Scala, dal podere Pereta dei Padri Servi di Siena, dal podere Troiola del Signor Sani Adriano e da Sant’Agostino di proprietà del Curato della Parrocchia di Monsindoli.

Così continuerà fino ai nostri giorni la decadenza di questa antichissima chiesetta, ma il danno che non hanno fatto le intemperie, i terremoti, lo smottamento della terra nei successivi 250 anni lo ha fatto qualche imbecille negli ultimi decenni.

Per racimolare pochi euro è stato asportato (rubato) il portale in pietra, privando un edificio di culto di un segno importantissimo e di una testimonianza storica di immenso valore. Forse ora questo marmo si trova in qualche giardino di una villa signorile a far da base a un vaso di gerani, momumento alla vergogna e alla stupidità umana di chi non capisce né di storia, né di cultura e non sa neanche cosa sia il rispetto per i luoghi di culto.