Centoquindici anni. Un traguardo, una storia: fatta di pallone, certo, ma soprattutto di persone, uomini e donne che con quei colori si sono vestiti, li hanno indossati, amati, fatti crescere o, qualche volta, magari senza volerlo, trascinati nel baratro sportivo. Centoquindici anni di Robur, di Siena, del Siena. Sono quelli festeggiati in questo 2019, anche grazie a una serie di iniziative organizzate dall’attuale proprietà, quella di Anna Durio e del figlio Federico Trani, che hanno raccolto una non semplice eredità e stanno disegnando un progetto ambizioso, fatto non solo di campo, ma anche di strutture, settore giovanile, squadra femminile. Chissà se in quella sera di novembre del 1904 qualcuno ha provato a pensare al futuro di cento e più anni dopo. Era infatti un mese di inoltrato autunno di centoquindici anni or sono, quando un gruppetto di ragazzi dai dieci ai dodici anni, la maggior parte dei quali studenti delle secondarie, gettava le basi di una nuova associazione alla quale veniva dato il nome di “Unione studio e divertimento”. Il programma e gli scopi erano insiti nella stessa denominazione: ricreazione a mezzo di gite, piccole feste, competizioni ginnico sportive. Inconsapevolmente, tuttavia, quel piccolo nucleo di ragazzi aveva dato vita, con la sua iniziativa, a quella che doveva divenire la Società Sportiva Robur e, successivamente l’Associazione Calcio Siena Robur 1904. Nella seduta costitutiva della nuova associazione assunse la presidenza, per unanime designazione, Attilio Calzoni, che divenne il primo presidente della Società. Accanto a lui Baldo Baldi, Oreste Belatti, Giovanni Bianchi, Eraldo Cecchi, Zullio Cipriani, Alessandro Fanetti, Altivaro Felli, Tommaso Grossi, Adolfo Lamioni, Lorenzo Maestrini, Gino Stanghellini, Sabatino Tamburini e Alberto Testi. Forse senza consapevolezza piena, iscriveranno i loro nomi nella storia dello sport senese. Il testo, tratto da un documento originale firmato dai soci fondatori Belatti, Cecchi e Stanghellini, controfirmato dallo storico segretario Alfio Pistolesi, non specifica il giorno, ma successive ricerche, fra le quali quelle dello storico Nicola Natili, hanno portato ad individuare che si trattava con certezza del 18 novembre. Il documento continua riportando i vari cambi di denominazione: “Fu nell’assemblea del 18 novembre 1908, presidente Casco Ghinozzi, che il sodalizio costituito quattro anni avanti divenne Società Sportiva Robur e da quel momento si inizia il suo periodo di fortunata scesa e di intensa attività agonistica in campo regionale e nazionale. Lo sviluppo assunto dal calcio, dopo la prima guerra mondiale, finì per indirizzare unicamente verso questa disciplina sportiva l’attività agonistica del sodalizio tantoché, all’inizio della stagione calcistica 1933-34, presidente Aldo Sampoli, la Società Sportiva Robur assunse la nuova denominazioni di Associazione Calcio Siena a confermare, anche nella propria ragione sociale, l’esclusiva attività calcistica. Tuttavia, per ricordare le origini della società e il suo luminoso passato, alla nuova denominazione venne fatta seguire la dizione “Robur 1904”, così da formare un tutto unico con la denominazione stessa”. La “vecchia e gloriosa” Robur ha vissuto tante pagine epiche: quella del Chinotto Neri del 1955-56 che fu il là al ritorno in C e alla conquista dello Scudetto della Quarta serie, fino ad arrivare all’ormai celeberrima trasferta di Cannara, utilizzata fra tifosi per testimoniare il proprio attaccamento a quella maglia anche quando c’era da affrontare fangosi campi e tribune inesistenti nei campetti della terza serie. Quando allo stadio, insomma, si andava la domenica alle 14, seduti sui nudi gradoni scoperti quando andava bene, sui greppi delle curve spoglie di qualsiasi tribuna quando non bastavano i soldi della paghetta settimanale per comprare il tagliando di gradinata. Erano gli anni delle pubblicità allo stadio prima della partita, alcune diventate mitiche e quelli dei primi gruppi ultras che si andavano formando accanto agli storici Fedelissimi (che si avviano a compiere qualcosa come cinquanta anni di incredibile storia): non è un caso che la curva e gli Ultras Fighters proprio quest’anno e proprio nella settimana del compleanno bianconero hanno festeggiato quaranta anni di tifo. Da quelle domeniche molte volte apatiche, con squadre inchiodate spesso ai pareggi poco esaltanti e aggrappate alle classifiche di mezzo in serie C, fino ad arrivare alla storica promozione in B prima e in A poi, che nei primi anni Duemila hanno scritto pagine con inchiostro dorato, anche attraverso salvezze che erano più di Scudetti da mettersi al petto. Da stropicciarsi gli occhi, quasi increduli per chi quei campetti di cui sopra li ha vissuti per davvero: vedere crollare la non amata Fiorentina sotto i colpi di Flo o Maccarone, entrare nei settori ospiti di San Siro o dell’Olimpico e uscirne anche vincenti, vedere sull’erba del Rastrello Del Piero o Ronaldo. Poco pensabile, forse neppure immaginabile appena qualche anno prima: frutto del sogno di Paolo De Luca e della sponsorizzazione del Monte dei Paschi, ma anche della capacità di una città di sessantamila abitanti di vestire quella maglia bianconera come una seconda pelle. Un sogno accarezzato e cullato fino al 2014, quando, dopo un tribolato anno in serie B, il Siena è costretto a ripartire da zero. La società in estate non si iscrive al campionato cadetto, riuscendo tuttavia a ripartire dalla serie D. Torna la denominazione Società Sportiva Robur Siena, ma quando c’è una storia così bella non basta una modifica del nome a farla dimenticare nell’oblio. Tanto che il Siena riconquista subito il professionismo (condito dallo Scudetto di serie D). Il resto è attualità, fatta ancora di cuore, passione, identità di una città. Con la speranza che il meglio debba ancora venire, con la consapevolezza che quella maglia sarà sempre, per tutti, una seconda pelle.