Quando per la prima volta le hanno messo il soprannome di “velocista con gli occhiali”, Irene Siragusa ha un po’ storto il naso. Poi con il passare del tempo quello che poteva apparire un nomignolo è diventato una parte della sua carriera, una caratteristica positiva, una distinzione e una peculiarità, in un percorso che, a tutta velocità (è proprio il caso di dirlo), dovrebbe portarla dritta a Tokyo, alla meta più ambita per un atleta, quella a cinque cerchi, l’Olimpiade. Per rappresentare l’Italia, per portarsi Siena nel cuore.

Condizionale d’obbligo, un po’ per scaramanzia, un po’ per tutto quello che sta succedendo e che ha fatto slittare la competizione al 2021. Tuttavia Irene, atleta senese, di professione velocista, il passaporto per il Giappone lo ha già timbrato ai Mondiali di Doha della scorsa estate, quando, con le sue compagne azzurre nella 4x100 metri, ha fissato il record italiano e soprattutto centrato la finale, sinonimo, per l’appunto, di qualificazione alle Olimpiadi.

“Un’emozione fortissima – sostiene Irene Siragusa – tra l’altro scoperta in diretta televisiva per la squalifica del Brasile. "Vengono i brividi solo a pensarci, un traguardo incredibile e raggiunto con tanto sacrificio e tanta fatica. I Giochi Olimpici ce li siamo persi per tanta sfortuna (soli tre centesimi, ndr) nel 2016, anche questa volta non era semplice: venivamo da un periodo difficile, tutte ci eravamo fatte male e non era facile rimanere ad altissimi livelli dopo tali infortuni. Tra l’altro io non avevo certezze di correre quella staffetta, insieme a una mia compagna non stavamo benissimo. Poi è andata bene: è stata una soddisfazione enorme, che ci ha unito ancora di più”.

Perché la staffetta di cui fa parte Irene, composta anche da Anna Bongiorni, Gloria Hooper, Johanelis Herrera è un lavoro certosino di squadra, frutto di un viaggio lungo praticamente dieci anni.
“Da tanto ci alleniamo insieme – continua Siragusa – affinando tutti i piccoli grandi particolari che sono necessari per competere a questi livelli, siamo un gruppo rodato”. Perché la staffetta è un mix di tecnica, affiatamento, interscambio e soprattutto tanto, tantissimo allenamento: “Nell’arco degli anni abbiamo messo insieme quasi tremila cambi (i passaggi del testimone durante la corsa, ndr)  – sostiene Irene – lavorando sui dettagli, con sacrificio e passione”. Dare vita a una staffetta di così alto livello, insomma, non è uno scherzo: servono dedizione, allenamento, cura e poi ancora lavoro. Tutto quello che Irene Siragusa porta avanti da tanti anni, dividendosi fra la sua terra d’origine, Roma e le tante sedi delle gare nazionali e internazionali che affronta.

“Mi alleno cinque volte a settimana soprattutto a Colle val d’Elsa, nell’impianto del ‘Gino Manni’ – racconta ancora la “velocista con gli occhiali” -, ma anche a Siena e per questo ringrazio il Comune di Siena che mi mette a disposizione il campo scuola ‘Renzo Corsi’. Poi Roma e i raduni della Nazionale almeno una volta al mese. L’allenamento? Dipende dal momento della stagione. Nella prima parte dell’anno, diciamo da ottobre a gennaio, si lavora sulla quantità, poi dopo le gare indoor si lavora molto sulla qualità, in vista delle gare all’aperto. Quest’anno ho intrapreso un percorso per migliorare le capacità cognitive e per controllare meglio le mie emozioni in gara”. Mai fermarsi, dunque, l’obiettivo è sempre il miglioramento.

Nata a Poggibonsi il 23 giugno 1993, attualmente tesserata con l’Esercito Italiano, Irene ha mosso i primi passi nel pattinaggio artistico. “Ero innamorata dei pattini, ho fatto quasi dieci anni di pattinaggio artistico – dice – però il passaggio all’atletica non è stato traumatico: sollecitata da mia mamma Patrizia (ex quattrocentista, ndr) ho cominciato con l’atletica leggera, per qualche anno ho svolto entrambe le discipline. Diciamo che era più problematico per mia madre che doveva portarmi sia agli allenamenti di pattinaggio che di atletica. Poi nel 2009 è arrivata la svolta: sono diventata un pochino più forte nell’atletica e dietro consiglio della mia allenatrice ho preso quella strada, del resto le due discipline stavano diventando incompatibili dal punto di vista muscolare, proprio per la differenza di allenamento”.

Perché fin da bambina, c’era quel sogno, di provare ad arrivare in alto, fino alle Olimpiadi: un sogno condito anche da un pizzico di (giusta) ambizione e di quella voglia di provare sempre a superare i propri limiti. Così, vinta una gara di salto in lungo da studentessa, ha cambiato la meta del suo viaggio. Ed è diventata una delle ragazze più veloci d’Italia e del mondo, una sprinter di livello internazionale. “A livello individuale – racconta – sapevo che con l’atletica avrei potuto raggiungere il sogno dell’Olimpiade, che credo sia il sogno di ogni sportivo, così ho scelto questa strada. Sono una a cui piace vincere, sono molto competitiva, non mi accontento mai”. Dal 2009 si allena come detto a Colle val d’Elsa con Vanna Radi (“Con lei ho un rapporto speciale, ha ottenuto riconoscimento a livello europeo, in qualche modo siamo cresciute insieme”), la sua carriera, Tokyo a parte, è già ricchissima: una bacheca infinita a tutti i livelli, piena di successi.

Una carriera a tutta velocità. Solo per guardare al curriculum internazionale, ha vinto tre medaglie in manifestazioni di categoria (tutte con la staffetta 4x100 m): due volte argento a Tallinn in Estonia (Europei juniores nel 2011 ed Europei under 23 nel 2015) e bronzo agli Europei under 23 nel 2013 a Tampere in Finlandia. Detiene due record di categoria, entrambi stabiliti con la staffetta 4×100 m, uno promesse e l'altro juniores. Poi ai campionati italiani assoluti nel 2014 ha fatto la doppietta 100–200 m, mentre a livello giovanile, ha vinto quattordici medaglie con sei titoli nazionali: due nella categoria cadette, uno in quella juniores e tre in quella promesse. Nel 2017 la “velocista con gli occhiali” ha vinto l’oro dei 200 alle Universiadi dopo l’argento sui 100 metri diventando la quinta italiana di sempre in entrambe le distanze. Nel 2018 si è portata a 11.21 nei 100 per salire al secondo posto nazionale ‘alltime’ e nel 2019 ai Mondiali di Doha ha realizzato come detto il primato italiano con la staffetta 4x100. Tante (e grandi) esperienze che hanno portato Irene in giro per il mondo, a conoscere tanti impianti e strutture: e a ricevere gli applausi di tanto pubblico, di tutti i colori e di tutte le bandiere.

“In Italia – commenta Siragusa – l’unica manifestazione importante è il Golden Gala a Roma fra maggio e giugno, che però non porta così tanto pubblico all’Olimpico, tanto che spesso l’impianto non è al completo in ogni ordine di posti. All’estero la concezione dell’atletica è molto più forte, gli impianti sono sempre pieni, c’è molto entusiasmo ed è sempre molto bello vedere famiglie e bambini che ti riconoscono e chiedono autografi sulle tue fotografie. Questo in Italia manca, non c’è questo tipo di cultura. E poi c’è anche un problema di impianti, che sono fondamentali per lo sviluppo del movimento: senza strutture, soprattutto nell’atletica, si va poco lontano. Penso ai bambini che magari in inverno vanno in palestra, ma poi senza impianti non sanno dove svolgere la propria attività, si annoiano e abbandonano. E poi per l’atletica e la velocità servono per forza di cose piste e strutture, altrimenti il movimento non può crescere”.

Laureata in mediazione linguistica in ambito turistico imprenditoriale e poi alla magistrale in competenze testuali per la promozione turistica all’Università per Stranieri di Siena: lo studio è importante e nel caso di Irene non è una frase fatta. “Ho sempre continuato a studiare – racconta – tanto che ho concluso anche un master dal titolo Pubblicità comunicazione e creazione di eventi a Firenze. A volte mi prendono anche in giro perché continuo a stare sui libri, mi dicono ‘ma quante lauree vuoi prendere’, ma io credo tanto nel connubio studio e sport”. Questo 2020 è iniziato in maniera dura: un raduno azzurro a Tenerife, poi tanto lavoro a Colle val d’Elsa, diviso fra palestra e pista, le prime corse (e altri successi…). “Stavo lavorando tanto – prosegue - per provare a qualificarmi anche come gara individuale ai Giochi Olimpici, è durissima ma ci proviamo. Penso che l’Olimpiade sia il culmine per uno sportivo, non è stato facile apprendere il loro slittamento, ma è giusto dare assoluta priorità alla salute di tutti”.

Non sarà comunque un’estate di vacanze, come magari qualcuno si aspetterebbe per una ragazza di ventisette anni, che di tempo libero ne ha pochissimo. “Vacanze? – sostiene Irene Siragusa – Praticamente in estate sono dieci anni che non le faccio, mi concedo solo un giorno al mare ogni tanto, giusto perché posso andarci in poco tempo da casa. Per le vacanze vere e proprio bisogna aspettare la fine della stagione, ma poi dipende: di solito accade intorno a settembre – ottobre, lo scorso anno ho dovuto aspettare un po’”. Il pensiero è comunque rivolto solo a quel traguardo, quei Giochi Olimpici, quelle bandiere a cinque cerchi in Giappone: quel sogno inseguito fin dai primissimi passi sulle piste di atletica, con addosso gli occhiali che sfrecceranno ancora una volta sulle piste. Tokyo rimane tutto sommato ancora lì, a un passo, quando fra qualche mese arriverà quel momento di vestire la maglia azzurra nella più prestigiosa competizione sportiva.

Va veloce, Irene, sempre di più: il Giappone l’aspetta e con lei ci sarà anche Siena.