Il 19 febbraio 1964 scompare una delle figure più originali dell'arte contemporanea senese: lo scultore Alberto Sani, nato a Orgia nel 1897, che nella sua vita di "uomo della terra" riuscì a dare vita e forma alle pietre e ai marmi, con una leggerezza di figure che richiamano alla semplicità agreste, ai giorni in cui l'uomo e la natura andavano in bella armonia. Boscaiolo, bracciante agricolo, sapeva appena leggere e scrivere, deve al suo talento e alla sua sensibilità, al saper riportare spontaneamente nei suoi bassorilievi le forme e le scene della vita contadina che lui stesso viveva. Fu scoperto da Dario Neri che lo volle nella tenuta di Campriano, assecondando il suo stile nuovo e puro. Le sue opere, inconsapevolmente da vero autodidatta, sembrano proseguire l'ardito messaggio scultoreo di Nicola Pisano. Una serie di bassorilievi hanno fatto la storia della sua spontanea ma geniale arte: “Processione” (1926-27); “Svinatura” (1928); “Muratori” (1942); “Mondatura delle castagne” (1942); “Coglitura delle ulive” (1946).

 

La notorietà di Sani, oltre che a Neri, è legata anche all'interesse che manifestò per le sue sculture, nel 1950, il celebre critico d'arte Bernard Berenson. Fu Berenson, appunto, che definì le opere di Alberto Sani come appartenenti, in modo incredibile, ad un gusto della plasticità che si trova nei primi secoli cristiani, quasi come se egli avesse compiuto approfonditi studi, facendo l’esempio, come si è detto, di Nicola Pisano, del quale invece lo scultore, artista del cuore ma non di scuola, non conosceva nemmeno che fosse esistito. Si ricorda spesso, per questo, nella sua biografia in giorno in cui il suo mecenate, Dario Neri, lo portò nella Cattedrale di Siena a vedere il Pergamo di Nicola Pisano. Alberto Sani, lo guardò ed in maniera innocente e spontanea disse: "E poi non ci vengano a dire che gli antichi eran coglioni ...".

 

Dopo la metà degli anni Cinquanta l’insorgere di una grave malattia alla vista e la scomparsa della moglie e del suo protettore Dario Neri fecero cadere Alberto Sani in una profonda crisi durante la quale smise di scolpire. Riprenderà, in parte, alcuni anni dopo realizzando, nel 1960, “Presepe” (1960).

Lui, che aveva iniziato intagliando bastoni, si rivelò uno scultore che copiava ciò che vedeva in natura, con gli occhi. Poi, al loro affievolirsi, iniziò a dare al suo lavoro un’impronta realistica e insieme leggendaria.

Divenuto cieco, scolpisce riprendendo le immagini che gli sono rimaste in fondo alla memoria, lavora con strumenti da lui stesso realizzati e con le mani, con il tatto, cerca la forma da realizzare, alla quale dare vita. Il creare immagini per “gli occhi degli altri” è, per Sani, il mantenere un contatto con il mondo visibile anche se finirà la vita creando opere d’arte che lui non vedrà mai.

 

Alberto Sani è sepolto nel cimitero del Laterinoaccanto all’amata moglie.

Su di lui ha scritto una monografia proprio Bernard Berenson e la sua figura e la sua opera sono state oggetto di studio della tesi dello scultore Massimo Lippi oltre che di studi fatti da Margherita Anselmi Zondadari con il prof. Crispolti.

E la constatazione finale è unica: Alberto Sani era un uomo semplice e è stato la dimostrazione che quando l’arte è innata non ha bisogno di istruzione per esprimersi. Magari per raffinarsi sì, ma per esprimersi davvero no.