Sapia nasce a Siena intorno al 1210 e appartiene alla grande casata dei Salvani, il più rappresentativo casato ghibellino. Zia del celebre Provenzano racchiude in sé tutte le contraddizioni del periodo storico in cui si svolge la sua vicenda umana. Sposa Ghinibaldo di Saracino, che, a causa del patronimico, viene inizialmente confuso con un membro della senese famiglia aristocratica dei Saracini. Ghinibaldo, in realtà, ha origini ben più umili: il padre, Saracino di Saracinello da Strove, compie un’ascesa sociale ed economica attraverso la progressiva acquisizione di beni fondiari. Ghinibaldo, così, acquisisce la cittadinanza senese e, nel 1240, riveste già il ruolo, importante, di Provveditore di Biccherna.

Tuttavia, pur affermatosi in città, Ghinibaldo mantiene un forte legame col territorio, tanto che acquista, nel 1238, Castiglionalto, poi rinominato, appunto Castiglion Ghinibaldi, ed a questa proprietà dedicano le attenzioni maggiori sia Ghinibaldo, sia Sapia. Essi vogliono realizzare un ospedale nei pressi del castello, dicono, per la redenzione dei propri peccati e ottengono, addirittura, (l’atto di fondazione è del 1265) la protezione del Pontefice Clemente IV con due bolle datate 9 e 10 giugno 1265.

Grazie a questo legame con il Papa, nel gennaio 1267, Ghinibaldo viene proposto come podestà di Colle, ma a lui viene preferito l’omonimo senese Ghinibaldo Salvani, fratello di Provenzano.

Qui inizia l’astio con la famiglia Salvani e Provenzano, oltre al mutamento di fazione politica della coppia. Rancore immortalato da Dante nella Divina Commedia. 

La questione, tuttavia, è molto controversa: inizialmente Sapia e Ghinibaldo sono parte attiva nelle cause politiche della famiglia Salvani; oltretutto, almeno fino al decennio tra le battaglie di Montaperti (1260) e Colle Val d’Elsa (1267), i legami sono buoni al punto che Provenzano è testimone di nozze al matrimonio di una delle cugine.

Il rapporto pare incrinarsi proprio dopo il mancato incarico a Colle Val d’Elsa e nelle rappresaglie compiute dall’esercito senese in territorio colligiano a seguito delle rivolte dei castelli di Belforte, Monteguidi e Radicondoli, di proprietà dello stesso Provenzano. Alcuni dantisti pongono addirittura che in una di queste rappresaglie (1268) abbia trovato la morte lo stesso Ghinibaldo. 

Probabilmente Dante viene a conoscenza della vicenda di Sapia durante il suo mandato come legato fiorentino a San Gimignano, nel 1330, o magari tramite Benuccio di Benuccio Salimbeni, nipote della nobildonna, al quale era legato. Di lei, posta nel Purgatorio, nel girone degli Invidiosi, scrive: "Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia”.

Certamente alla fine della vita Sapia (muore nel 1278) ha una “redenzione”, e anche l’odio verso la sua famiglia e la tanto decantata tradizione che la vuole felice della sconfitta senese a Colle e della morte dello zio Provenzano, si placano come testimonia lei stessa nel suo stesso testamento, e come narrano ancora le parole dell’Alighieri: "Pace volli con Dio in su lo stremo de la mia vita; e ancor non sarebbe lo mio dover per penitenza scemo, se ciò non fosse, ch’a memoria m’ebbe Pier Pettinaio in sue sante orazioni, a cui di me per caritate increbbe". (Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, Canto XIII)