Mario Ghezzi nasce a Siena nel 1919. Si laurea in Medicina nel 1943 ma la sua passione, insieme alla medicina, sarà, per tutta la vita, la pittura.
Come pittore è un autodidatta, ma dagli anni Cinquanta fino ai Novanta la sua produzione sfiora le 600 opere. È Enzo Carli il primo ad apprezzare il suo lavoro e la sua tecnica e l‘apprezzamento del celebre storico dell’arte lo spinge ad allestire anche alcune personali: nel 1961 a Firenze presso la Galleria “l’Indiano”, di Piero Santi; nel 1962 a Milano nella galleria “Naviglio” di Carlo Cardazzo e nel 1963 al “Cavallino” di Venezia. Poi prende parte a collettive a Perugia, a Prato, ad Arezzo. Gli anni Sessanta lo vedono vicino ad artisti ed amici senesi come lo scrittore Angelini, i pittori Posarelli, Montagnani, Valensin, Salerni e lo scultore Tammaro. E grazie a questi rapporti ed a un lavoro di ripensamento interiore Mario Ghezzi, convinto che l’arte sia una difficile ricerca solitaria, trova uno stile autonomo.

Nel 1981 è chiamato a dipingere il drappellone per Palio del 2 luglio, dedicato all'ottavo centenario della morte di papa Alessandro III (Rolando Bandinelli) e vinto dalla Contrada dell’Aquila. È datata 1997 quella che viene considerata la sua opera maggiore: il rosone creato per la basilica di San Domenico. La vetrata rappresenta una Santa Caterina mistica e terrena, immersa nel paesaggio senese e nei quattro elementi della natura. L’ultima mostra di Mario Ghezzi, che resta sempre un uomo schivo e modesto nella sua opera artistica, è del 1998 presso la Galleria Biale Cerruti di Siena e, nello stesso anno, prende arte alla collettiva senese “L’arte per l’arte”. Nel 2003 esce il romanzo autobiografico “Siena, città di una vita”.

La famiglia, attraverso un’opera di catalogazione, si sta prodigando per far conoscere il lavoro di Ghezzi, non solo delle tele ma anche della corrispondenza con i critici, di alcuni suoi scritti creativi e critici inediti, così come della biblioteca dell’autore. Per chi fosse interessato ad approfondire l’opera di questo senese davvero poco conosciuto segnalo https://omniaghezzi.blog/ dove troverete le sue opere e la sua storia, anche privata, ricca di aneddoti e di analisi sulla sua evoluzione artistica.

Una “coincidenza”. Ghezzi, tra il 1943 e il 1944, un periodo difficile, anche di scelte difficili, trova rifugio (per non essere costretto ad arruolarsi nella Repubblica Sociale Italiana) nei fondi dell’ospedale dove stava frequentando la clinica Medica come assistente volontario. Racconta di quelle settimane solo, nascosto tra i macchinari, come se lo proteggessero e da dove uscì solo dopo che Siena fu liberata (luglio 1944). Una sorta di “quarantena” della quale scrive: “C’eravamo conosciuti (io e la pittura. N.d.R.) nella solitudine dell’isolamento che avevo subito durante il passaggio della guerra e avevo trovato nei colori e nei primi gesti per esprimermi una spinta a risvegliare e ricostruire in altro modo le emozioni che il mondo visivo determinava in me (…). Nel mondo visivo voglio comprendere anche il rapporto umano perché il paesaggio di un volto è in piccolo quello della natura: ci trovi la tempesta, il sereno, un’alba ed un tramonto, la luce del giorno e il buio della notte. Io e la pittura ci conoscemmo e ci amammo subito”.

Mario Ghezzi muore il 4 settembre 2007.