So’ stata cullata dal silenzio.

All’improvviso, ‘un ho più visto bocche aperte, ‘un ci so’ più stati passi sulle lastre, ‘un mi so’ più vista riflessa nell’occhi dei cittini. So’ rimasta qui, sola, col gocciolìo della fonte e ‘l tubare dei piccioni. Mi so’ sentita trema’ di mancanza, vestendomi di ciuffi verdi per colora’ quel vuoto, cercando di fammi trova’ pronta pe’ quando v’avrei rivisti.

Così, v’ho accolto.

In un giorno di sole, all’improvviso, lo scalpiccìo di passi dal Chiasso Largo. E allora so’ tornati i cittini, so’ tornati i capannelli all’ombra della Torre, so’ tornati i vostri musi incantati dalla conchiglia, ho risentito il vocia’ animoso delle chiacchiere di primavera.

E v’ho abbracciati.

Tutti, stretti nel rosso de’ mi’ palazzi, avvinti a’ colonnini, ingarbugliati tra le crepe de’ mi’ muri.

E ‘un m’importa, se non mi vestirò a festa.

Se non ci sarà l’aria polverosa di tufo, se non mi vedrò tinta di seta e pelle.

Noi siamo l’anima della tradizione.

Esistiamo nel rullo d’un tamburo in campagna, vibriamo tra’ ferri di Gaia nelle notti d’inverno. 

Siamo gli spifferi che spazzano le crepe de’ muri, il bercio di Sunto che t’arriva all’improvviso .

Siamo l’asso di briscola sul tavolo in società, siamo la colla nelle mani impiastricciate dei cittini a settembre.

Noi siamo la furia del Palio, tutti i giorni dell’anno.

E ora che vi rivedo tutti, che mi correte intorno come matti, che vi mettete a piglia’ l’ sole di maggio e pensate che sì, un sole bello come quello che bacia i mi’ merli ‘un esiste, ora che torniamo ad essere, a vivere…

Ora, davvero,

trionfiamo immortali.

Con amore,

Piazza del Campo.

 

(Foto di Alessia Bruchi)