L’acquedotto, quale invenzione!
Rubrica ambientale in collaborazione con AdF (Acquedotto del Fiora SpA)

L’acqua è la risorsa più importante che abbiamo: origine primaria della vita sulla Terra, attraverso i millenni ha modellato il pianeta e la civiltà umana. Se ci soffermiamo a pensare a come sarebbe la nostra vita quotidiana senza acqua potabile ci rendiamo conto che la civiltà, per come la intendiamo ora, non sarebbe mai potuta essere quella che è oggi. Con l’acqua ci laviamo, ci dissetiamo, puliamo le nostre case; possiamo farlo in tutta sicurezza solo grazie a chi ne tiene sempre sotto controllo la qualità e che la fa arrivare incontaminata ai nostri rubinetti.

Nel nostro Paese l’acqua è considerato un bene comune non alienabile, non vendibile né privatizzabile: la proprietà delle risorse idriche, superficiali e sotterranee, è sempre pubblica. La sua gestione può essere pubblica, privata o mista ed è esercitata tramite gli acquedotti, con cui si intende “il complesso delle opere di presa, convogliamento e distribuzione dell’acqua necessaria a uno o più utilizzi: uso potabile, uso irriguo, uso industriale”. A tutti gli effetti quella dell’acquedotto è una delle opere di ingegneria più importanti della storia, perché ha permesso la gestione su vasta scala di una risorsa fondamentale per lo sviluppo dell’umanità.

L’acquedotto è stato infatti un grande protagonista della storia della civiltà umana, simbolo del rapporto che da sempre lega l’uomo all’acqua. L’invenzione di sistemi di trasporto idrico risale a millenni fa, quando popoli come i babilonesi o gli egizi già costruivano sofisticati impianti di irrigazione. I primi acquedotti erano scavati nella roccia oppure ricavati da strutture di calcare; la civiltà cretese fu la prima a utilizzare tubi di terracotta interrati per rifornire le città di acqua.
Le condotte idriche più famose restano comunque quelle romane. Nell’arco di cinque secoli, la sola città di Roma si dotò di ben undici acquedotti, per una lunghezza di circa 350km.
Durante il medioevo, invece, a fiorire fu l’ingegneria idraulica del mondo musulmano, molte delle cui tecniche sono rimaste in uso fino al ventesimo secolo, anche in Italia. In ogni caso, la costruzione di acquedotti su vasta scala fiorì nel diciottesimo secolo, quando nacque la necessità di portare acqua alle grandi città e alle industrie, favorita dall’invenzione di nuovi materiali come il calcestruzzo e la ghisa.

In Toscana sono presenti sette gestori idrici, tra cui AdF(Acquedotto del Fiora SpA) che serve 55 comuni: 27 in provincia di Siena e 28 in quella di Grosseto. Costruita la prima rete acquedottistica a partire dagli anni Trenta, il suo scopo iniziale era quello di portare l’acqua dalle sorgenti del Monte Amiata fino alle pianure grossetane, che in quegli anni videro un incremento della popolazione. Oggi AdF gestisce una complessa infrastruttura che serve un ampio territorio compreso tra le due province, tra cui i comuni di Trequanda, Sarteano, Cetona e San Casciano dei Bagni in Valdichiana.

I comuni serviti da Acquedotto del Fiora

Il territorio servito è, nel complesso, estremamente vasto: il 33% per cento dell’intera Regione Toscana. Tuttavia, la densità abitativa è di circa 53 abitanti/kmq, una delle più basse in Italia.

Questi fattori fanno sì che siano necessari un cospicuo numero di impianti (oltre 3.000) e una rete particolarmente estesa (circa 10.000 km tra acquedotto e fognatura), rendendo la gestione del servizio idrico particolarmente delicata e bisognosa di continui investimenti.

In un territorio come il nostro, dove il settore industriale è poco sviluppato, un'azienda come AdF, solida, ad alta specializzazione e in crescita, che lavora per il benessere della comunità e per lo sviluppo del territorio, costituisce un saldo punto di riferimento sia dal punto di vista economico che sociale.

La natura del bene erogato dai gestori del servizio idrico integrato li predispone naturalmente a tutelare l’ecosistema da cui dipendono. Il loro obiettivo è infatti quello di perseguire un concetto di crescita all’insegna della sostenibilità, coniugando la tutela ambientale con l’economia circolare e il progresso etico e sociale. Lo stesso ciclo dell’acqua si presta come metafora perfetta dell’economia circolare, anche se il suo meccanismo naturale oggi richiede interventi umani, per esempio nella distribuzione e nella depurazione, affinché la risorsa idrica sia restituita pulita all'ambiente da cui è stata prelevata.

L’acqua infatti ha due vite: la prima dalla sorgente al rubinetto, la seconda dallo scarico alla depurazione. Tra loro ci siamo noi, abituati ad avere sempre a disposizione questa preziosa risorsa che per altri esseri umani, in altre parti del mondo, non è affatto scontata. Consapevoli di questa fortuna, nelle prossime puntate andremo a scoprire questa doppia vita con il nostro Viaggio dell’acqua.

(Nella foto: sorgente dell'Ermicciolo Vivo d'Orcia)