Sì, lo so: il titolo non è originale per niente. Lo abbiamo già riletto un sacco di volte, e anche quando facevo parte dei redattori che inventavano i titoli al “nuovo corriere senese” (tutto in minuscole) sono sicuro di averlo composto e/o visto comporre. Eppure, anche in questo caso è necessario ripeterlo.

SBATTI IL PALIO IN PRIMA PAGINA.

È quel che è successo a livello nazionale il 2 luglio. Non c’è stata grande testata stampata; non c’è stata trasmissione radiofonica a larga emittenza; non c’è stata televisione a dimensione di network che non abbia dedicato uno spazio ragguardevole alla grande notizia del giorno. A Siena non si corre il Palio.

Sono arrivati – di persona o per telefono o per altri canali – giornalisti da tutte le parti a cercare di capire come reagiva la città ad una cosa che, dopo il 1944, non si era più vista: come si convive con l’assenza del Palio.

La domanda era, logicamente, sempre la stessa: “come ci si sente senza Palio?”. E poi, a rimorchio, “che cosa è il Palio per voi?”. Accanto, l’inevitabile cronologia: quando era risuccesso? quando era stata l’ultima volta? era mai stato sospeso per un’epidemia? Ovvero: il Palio mancato è un avvenimento che riguarda non solo i senesi, ma interessa anche a un bel po’ di italiani. Era  logico aspettarsi una reazione nazionale del genere? Sì e no.

Sì. Il Palio ha sempre richiamato tutti gli anni la cronaca nazionale: la corsa, il colore, le polemiche. Tutto regolare nella situazione di normalità. C’era la performance, in quel caso, da raccontare. Per la carta stampata, c’era da completare la notizia della corsa con il corredo che si era costruito nei giorni precedenti (quale fantino corre in quale contrada; dove sono i cavalli big; che fa la grande star; chi sono le nuove star e così via. Il 90% dell’articolo si costruisce con questo materiale, poi si completa il restante 10% con l’apertura che racconta la corsa e chi ha vinto, e il pezzo è pronto e può uscire nell’edizione del giorno dopo). Tutto nella prassi.

E no. Ci si poteva forse aspettare che la notizia che il Palio non ci sarebbe stato sarebbe stata data, ma forse non era scontato che avesse una tale rilevanza, tanto da occupare non meno spazio del racconto del Palio disputato. Se volevamo la prova-regina che il Palio di Siena è una “questione” italiana l’abbiamo avuta: ha fatto notizia la mancanza, non la presenza. E questo succede solo quando la presenza è avvertita come una “normalità” condivisa. Altrimenti, la mancanza, sarebbe stata liquidata più alla svelta.

Da parte dei senesi interpellati, c’è stata una reazione di composta amarezza. Nessuna enfasi, a solo l’espressione di un grande dolore compartito fra tutti noi, ma  ha fatto piacere prendere atto che, da più parti, alla nostra amarezza hanno partecipato anche altri. Che hanno avvertito la mancanza di Palio come una mutilazione, sofferta non solo dai senesi, ma anche da tanti altri italiani.

(Foto Giulia Brogi)