A veglia con Duccio

È vero che ormai ci siamo abituati, ma Siena è una città che, da qualche anno, nella matematica del suo tessuto economico e sociale, sembra rassegnata a conoscere quasi esclusivamente il segno della sottrazione.

E poi ce n’è un’altra di vittime dell’epidemia di Covid19. Questa passa inosservata, fa meno scalpore del crollo del PIL.

Giorni fa Francesco Burroni ha di nuovo spezzato una lancia per il povero, derelitto monumento all’Indipendenza, opera di Tito Sarrocchi, confinato (quasi per un medievale bando) fuori dalle mura, in mezzo a un’aiola a San Prospero.

È quel che è successo a livello nazionale il 2 luglio. Non c’è stata grande testata giornalistica che non abbia dedicato uno spazio ragguardevole alla grande notizia del giorno. A Siena non si corre il Palio.

Da domani mattina (lunedì 29 giugno) sarà tremendo. Per tutta la mattina; poi la sera al tramonto. E poi sarà una tortura la mattina e la sera dal 30 al 2. Il 2 ci sarà da battere il capo nel muro.

Sono giorni di domande e di inquietudini. Abbiamo cominciato con quelle che sentiamo subito sulla pelle, legate alla sorte del nostro Palio, delle nostre Contrade, della nostra memoria identitaria. Ed era fisiologicamente logico che fosse così.