Sono stati giorni surreali. Sono stati giorni in cui hai cercato qualcosa, pur nella consapevolezza che questa ricerca fosse vana. Hai cercato negli sguardi delle persone, nei vicoli, negli spazi dove, ogni volta, in qualche modo, ritrovavi quello che avevi lasciato un anno prima. L’angolo nella tua Contrada, quella porzione di palco, perfino quel caffè preso in quel bar oppure addirittura quella sedia sghemba nel tavolino di legno in bilico fra una lastra e l’altra.

Senso di vuoto. Sospesi. Forse perfino curiosi di capire come è, davvero, il 2 di luglio per tutto il resto dell’universo.

A me è sembrato perfino difficile passeggiare in Piazza del Campo, quasi come se le lastre fossero più sconnesse del solito, non ammorbidite dal tufo appena sollevato dagli zoccoli dei cavalli o appena ammorbidito dagli operai del comune. Mi è sembrato addirittura di sentirlo il profumo del tufo, come se fosse tornato seguendo il calendario e incurante della realtà.

Ho avuto modo di dirlo e scriverlo altre volte. Forse questo Palio sospeso ci deve far riflettere. Forse è questo il significato più profondo di quello che ci ha investito in pieno e ci ha lasciati così, rintronati, svaniti, sospesi. Ci deve far riflettere su qualcosa che in troppe occasioni abbiamo dato per scontato, su un rituale così immensamente profondo e bello, dal quale ci siamo distaccati questa volta e dal quale dobbiamo rimanere attaccati più e meglio domani. A prescindere da quando sia questo domani.

Ironicamente (ma non troppo), spesso (quasi sempre), nei momenti più emozionanti e, perché no, carichi di tensione, chi di noi non si è fatto la domanda retorica: “Perché sono nato a Siena? Adesso potevo essere al mare”. Eppure mai la risposta, nel nostro intimo, è stata quella di voler nascere da un’altra parte.
Oggi lo capiremo come è per tutto il resto del mondo il 2 luglio. Basterà. A mai più.

Se rinascessi vorrei nascer qua, bella meravigliosa la mia città. Anche oggi. Sempre.

(Foto di Paolo Lazzeroni)